Berengo ringrazia Brugnaro «Così ne hanno parlato tutti»
Sono ventisette le fotografie di Gianni Berengo Gardin, in un nitido e implacabile bianco e nero, che da ieri fino al 6 gennaio testimoniano negli spazi del Negozio Olivetti progettato da Carlo Scarpa quello che il grande fotografo di origine veneziana ha definito anche ieri «l’inquinamento visivo» provocato dalle grandi navi che solcano regolarmente il Bacino di San Marco.
La mostra che il sindaco Luigi Brugnaro, ieri volutamente assente, non ha voluto a Palazzo Ducale è stata dunque finalmente inaugurata ieri per iniziativa del Fai, il Fondo per l’Ambiente Italiano e subito presa d’assalto nel pomeriggio per l’apertura al pubblico dopo l’inaugurazione mattutina con presentazione al Caffè Florian.
«Mi dispiace molto», ha dichiarato Berengo Gardin, «quando qualcuno si dà la zappa sui piedi, mi dispiace quindi anche per il sindaco di Venezia. Gli sono anche molto grato perché bloccando la mia mostra a Palazzo Ducale mi ha fatto un grande favore: tutti i giornali italiani e stranieri ne hanno parlato diffusamente».
Berengo Gardin ha un unico cruccio verso Brugnaro: non tanto di essere stato definito da lui “sfigato” o “intellettuale da strapazzo”. La punta di amarezza è che agli occhi del sindaco l'essere nato - “per caso” spiega - a Santa Margherita Ligure non lo rende “veneziano”.
«Mi sento venezianissimo», ha detto. «La mia famiglia è veneziana da cinque generazioni, per tre abbiamo gestito un negozio di artigianato e perle in calle Larga San Marco e mio padre vogava per la Canottieri Bucintoro e ha conosciuto mia madre in Liguria in occasione di una regata. A Venezia ho dedicato dieci libri e per fare queste foto non ho usato “chissà quali teleobiettivi” come ha detto il sindaco, ma ho dovuto addirittura utilizzare dei grandangoli perché le navi erano così grandi che non entravano nel mirino della macchina».
Il Fai, in collaborazione con la Fondazione Forma per la fotografia, ha dato nuovamente ospitalità alle immagini di Berengo Gardin nello spazio Olivetti, a cura di Alessandra Mauro con un allestimento di Alessandro Scandurra, come avbeva fatto un anno fa a Milano a Villa Necchi. «Il nuovo Doge di Venezia non è venuto», ha detto polemicamente riferita a Brugnaro il presidente onorario e fondatrice del Fai Giulia Maria Crespi, invitando lui e il presidente dell’Autorità Portuale Paolo Costa a non commettere errori irreparabili sul futuro della città con lo scavo di nuovi canali per le grandi navi.
«Scopo di questa mostra», ha sottolineato poi l’attuale presidente del Fai, Andrea Carandini, «non è alimentare improvvisazioni e polemiche ma aprire, anche con avversari, una fase nuova per Venezia, basata finalmente non su chiacchiere, pensieri fissi e studi parziali ma su una ricerca il più possibile condivisa. Il Fai si rivolge al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini e al sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni perché vari un processo conoscitivo per un turismo finalmente consapevole, soprattutto a Venezia ma anche a Firenze e Roma, colpite dalla stessa minacciosa monocultura».
«Qualcuno», ha commentato il sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni, ieri presente, «mi ha suggerito di non venire a questa mostra, non dirò chi (tutti in sala hanno pensato a un esponente del governo, ndr) e di stare attenta perché il Governo non ha ancora preso una decisione sul problema delle grandi navi. Ma non rinuncio alle mie idee e alle mie convinzioni. La mostra di Berengo Gardin è un momento molto alto perché riapre la questione del futuro della città e del suo difficile rapporto con il turismo di massa. A Brugnaro non piacciono evidentemente i doppi cognomi, il mio come quello di Berengo Gardin, ma verso il sindaco non ho mai avuto alcuna preclusione. Se smette di insultarmi e domani mi chiama sono prontissima a collaborare per Venezia».
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