«Bella, ma ci vivrei», a Venezia slogan per sfatare i luoghi comuni

Manifesti anonimi sui muri del centro storico, tam tam sui social network  Dietro alle affissioni il gruppo “Venezia non è Disneyland” annuncia un’iniziativa: appuntamento il 13 febbraio 
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 29.01.2019.- Manifesto "BELLA MA CI VIVREI". Vetrina ex Coin.
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 29.01.2019.- Manifesto "BELLA MA CI VIVREI". Vetrina ex Coin.

Il profilo di Venezia con il ponte di Rialto, le cupole delle chiese, i campanili; una data - 13 febbraio 2019 - e una scritta “Bella ma ci vivrei”. Due piccole sveglie, una a destra e una sinistra, suggeriscono che quel giorno qualcosa si desterà: i veneziani, la città, l’orgoglio, l’appartenenza.

Più che per quello che dice, il manifesto apparso in questi giorni in centro storico incuriosisce per quello che tace. Il luogo del risveglio collettivo, l’ora dell’adunata, chi la organizza. Un’esca ad effetto, come lo spot dello show-cartoon “Adrian”, di cui si intuiva tutto senza sapere ancora nulla.

la frase

Nessun dato, sul manifesto, tranne il prurito dell’attesa, che il gruppo “Venezia non è Disneyland” - indicato come il promotore dell’evento - dicendo e tacendo, cavalca ad arte. Facilmente intuibili, invece, le ragioni della chiamata cittadina.

“Bella, ma non ci vivrei” è la frase più comune che spunta in bocca ai turisti, ai visitatori occasionali, a chi la sera, sul vaporetto diretto alla stazione, ragiona sulla città che sta lasciando chiedendosi come sia possibile, per dirne una, vivere senza automobile. “Venezia è bella ma ci vivrei” era anche il titolo di una puntata di Rugagiuffa, il collettivo di ragazzi che ha realizzato una sit-com sui problemi degli studenti che vivono in laguna.

Gli autori del manifesto hanno spiegato sulla propria pagina facebook che «è tempo di sfatare i luoghi comuni», che «Venezia è bella ma ci vivrei» proprio nei giorni in cui i residenti sono scesi sotto la soglia dei 53 mila.

i manifesti

E così manifesti sono comparsi in luoghi non casuali: sulla vetrina di una banca (chiusa) di campiello Selvatico, tra il ponte dei Giocattoli e i Santi Apostoli, e soprattutto sulle vetrine di Coin Excelsior, sprangato ormai da sei mesi, senza più la scritta sul muro nè, apparentemente, un futuro a breve termine.

Ecco che il manifesto affisso sui locali dismessi, bui, abbandonati, ha realmente il suono della sveglia, suonata molte altre volte, con alterne fortune, risultati più o meno apprezzabili, da comitati, associazioni, movimenti cittadini. «Aspettiamo di sapere che cosa sia, sicuramente il clima di attesa non manca» dice Marco Gasparinetti, del Movimento 25aprile.

il profilo

“Venezia non Disneyland” per ora lavora nell’ombra, forte di 30 mila follower sui social: ragazzi, studenti, giovani lavoratori che non ci stanno a dire che a Venezia non si può vivere. Intanto dovranno dire come e dove, dando corpo al profilo del disegno color inchiostro che fa assomigliare la città, questa volta sul serio, a una cartolina. —
 

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