Bella ciao cantata dai bambini: i sindaci se ne vanno

A Quarto d'Altino la canzone della Resistenza non è gradita. Grosso e Romanello (Marcon): «Non era stata concordata». Indignato anche Forcolin

QUARTO D’ALTINO. La cerimonia della Liberazione si è chiusa in bagarre e a farne le spese sono stati i ragazzini delle scuole medie dell’Istituto Roncalli di Quarto d’Altino, “rei” di aver intonato il popolare inno antifascista “Bella ciao” guidati dalla loro maestra di musica, innescando un’aspra polemica politica che ha letteralmente intasato i social in un giorno di festa.

Ma andiamo con ordine. Ieri mattina a Quarto d’Altino si è celebrata la commemorazione mandamentale del 25 Aprile, alla presenza delle associazioni dell’Arma e dei sindaci Matteo Romanello di Marcon (leghista), Loretta Aliprandi di Meolo (area centrosinistra), Claudio Grosso padrone di casa (centrodestra). Al loro fianco il vicegovernatore leghista Gianluca Forcolin. Al termine della celebrazione i ragazzini del comprensivo Roncalli hanno cantato l’Inno d’Italia.

L’affronto. A scatenare le ire dei due sindaci di centrodestra, però, è stato il canto successivo, quando gli alunni hanno intonato Bella ciao. I sindaci, fuorché la prima cittadina di Meolo che insegna a Portegrandi, si sono allontanati, chi qualche secondo prima, chi qualche secondo dopo, lasciando i ragazzi cantare di fronte ai rappresentanti dell’Anpi.

Le versioni. Il sindaco di Quarto, Claudio Grosso, si dice esterrefatto e spiega che Bella ciao non doveva essere intonata, perché non era in programma, al suo posto i ragazzi dovevano cantare L’Inno alla gioia, che non avrebbe fatto storcere il naso a nessuno. Insomma, quello della scuola è stato - secondo Grosso - un blitz meditato.

Non solo. Il cerimoniere aveva decretato dopo l’Inno d’Italia il “sciogliete le righe”, pertanto nessuno avrebbe voltato le spalle ai ragazzi per andarsene, perché a voler essere precisi, la cerimonia era già terminata. Una strumentalizzazione della strumentalizzazione secondo il sindaco.

Grosso non ha inaugurato la mostra sulla resistenza femminile, saltata anche quella. Il sindaco di Marcon, invece, lo dice chiaro e tondo: «Me ne sono andato, non avevo nessuna intenzione di stare ad ascoltare».

L’ira del sindaco leghista. Su Facebook, Romanello si sfoga: «È inaccettabile far cantare Bella ciao ai bambini di 11 anni. Il 25 Aprile celebriamo la Festa della libertà, quale espressione di un sentimento nazionale unitario. Dopo 73 anni la nostra missione è andare oltre il compromesso storico sancito dai padri costituenti, che generò la nostra Costituzione repubblicana, spogliandosi da qualsiasi pregiudizio e opinione, nel rispetto dei principi di democrazia e di libertà. Il nostro impegno dev’essere quello di trasmettere gli errori del passato alle future generazioni, senza strumentalizzare quanto successo».

Poi aggiunge: «L’atteggiamento della sindaca di Meolo e degli insegnanti di Quarto è fatto per dividere, io me ne sono andato e basta, non avevo motivo di stare ad ascoltare, dispiace solo per i bambini». Romanello promette che a casa sua non accadrà mai. «Questa è l’ultima celebrazione unitaria per Marcon, basta cerimonie itineranti, domani renderò ufficiale questa decisione». Nel frattempo, il socialista Andrea Follini, consigliere di Marcon, gli fa eco sui social e posta: «Bella ciao finché avrò voce».

La scuola. L’Istituto attraverso le insegnanti, rispedisce le accuse ai mittenti e si dice indignato: «Il sindaco ci ha voltato le spalle e ha fatto saltare l’inaugurazione della mostra sulla Resistenza delle donne. Non c’è nessuno scandalo nel cantare Bella ciao, forse i sindaci ignorano la storia o non l’hanno studiata».

A rincarare la dose Raffaela Giomo, che oltre a essere consigliere di opposizione in una civica appoggiata dal Pd, è insegnante di matematica alla Roncalli: «Alzare i tacchi e lasciare i ragazzi cantare da soli è una chiara presa di posizione dell’Amministrazione, che non ha ben chiaro che cos’è stato e che cos’è oggi il fascismo. A scuola si fa storia, non politica, e non si può pensare che una scuola sia un jukebox a cui chiedere di cantare quello che va meglio al Comune, senza rispettare in alcun modo la libertà di pensiero».

«Andrò a fondo». Il sindaco di Quarto, Claudio Grosso, non ci sta. «Con le scuole era stata concordata una scaletta e il programma prevedeva L’Inno d’Italia e l’inno alla Gloria, non Bella ciao. È stata una provocazione e una scelta precisa dell’Istituto, che ha cambiato le carte in tavola. Nel mio discorso, per essere super partes, ho ringraziato alunni, docenti, scuola, sottolineando che bisogna ricordare tutti, indipendentemente da colori politici.

La cosa triste, ripeto, è che nonostante quanto concordato non sia stata rispettata la scaletta, l’Istituto ha fatto il contrario di quanto stabilito e lo ha fatto di proposito. Andrò a fondo a questa storia».

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