Bcc, il veneziano resta senza sedi centrali
MESTRE. La provincia di don Luigi Cerutti, che nel 1890 a Gambarare di Mira fondò la prima Cassa rurale cattolica d’Italia, sta per restare senza casse rurali, poi trasformate in Banche di credito cooperativo (Bcc).
Certo, restano gli sportelli, nella maggior parte dei casi i bancari di riferimento sono gli stessi, ma nel processo di accorpamenti e fusioni intrapresi dagli istituti di credito cooperativo nel corso degli ultimi anni - ha coinvolto le Bcc del Veneziano, di Marcon, e la Santo Stefano di Martellago - i quartieri generali, le sedi centrali si sono spostati a Sud, nel Padovano, e più spesso a ovest, nel Trevigiano.
«Sono pochi chilometri più in là», potrebbe obiettare qualcuno, ma nel riassetto generale , più di un secolo dopo don Cerutti, Venezia non gioca più un ruolo da protagonista.
E pensare che proprio per la piccola frazione di Gambarare è passata la storia del credito cooperativo cattolico, quando quel giovane cappellano divenne tra i principali protagonisti dell’azione economico-sociale della Chiesa, che aveva nell’enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII il proprio testo di riferimento.
A resistere, fino ad ora, è stata la Banca di San Biagio del Veneto orientale (con sede a Fossalta di Portogruaro), 17 filiali concentrate nel Veneto orientale, quasi 10 mila soci, 130 dipendenti e un capitale sociale di 10 milioni di euro. Nata nel 1896 per volontà del parroco Leonardo Zannier e altri 22 soci. Più di 20 anni fa c’è stata la fusione con la Cassa Rurale di Cesarolo-Bibione, poi nel 2002 quella con la Bcc Sud Friuli di Pertegada e Latisana. Ora il prossimo passo, per fare le spalle più grosse, porta verso la fusione con la Prealpi di Tarzo che potrebbe maturare nella Cassa centrale Banche di Trento, uno dei due riferimenti nazionali insieme alla Federazione Iccrea di Roma.
«E’ almeno la terza ipotesi presa in considerazione da Fossalta di Portogruaro», dice una fonte finanziaria, «l’interessamento da entrambe le parti c’è, ma è presto per dire che la partita è chiusa». All’assemblea dei soci dello scorso maggio, era stata annunciata «l’inevitabile ristrutturazione» e la scelta di accantonare 2,6 milioni di euro «da utilizzare per l’esodo volontario del personale dipendente avente i previsti requisiti». Nel corso degli ultimi due anni le altre bcc veneziane hanno preso direzioni diverse: la Bcc del Veneziano di Mira (banca simbolo, con il presidente Amedeo Piva che è stato per anni anche al vertice della federazione veneta) dopo la fase del commissariamento si è fusa in banca Annia (banca di credito cooperativo di Padova, Venezia e Rovigo), la Santo Stefano di Martellago alla fine dell’anno scorso si è fusa con il Centro Marca Banca, la bcc di Marcon, qualche mese prima, si era invece fusa con la Banca della Marca di Orsago. —
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