Battezza i sette figli con i nomi dell'opera
Il veneziano Tristano Bottazzo ha sette figli e li ha chiamati Radames, Amneris, Otello e Violetta, Santuzza, Manon e Tristano
In alto Tristano Bottazzo con il tenore Placido Domingo A destra il quadro con i nomi dei suoi sette figli Sotto il titolo la famiglia Bottazzo al completo
MARGHERA. Il prossimo anno festeggerà i 50 anni di matrimonio con la moglie Lavinia ma per Tristano Bottazzo, il gestore dell'omonima rosticceria di piazza Mercato, c'è una passione che dura da più tempo ancora. Sono passati 55 anni da quando, appena sedicenne, varcò le porte del teatro La Fenice per assistere alla versione de «I Pagliacci» con Beniamino Gigli. Da quel momento la lirica è una passione irrinunciabile, che lo ha portato fino ad oggi a non perdere una sola stagione dell'Arena di Verona e ad assegnare ai suoi 7 figli i nomi dei protagonisti delle sue opere preferite.
I nomi: Radames e Amneris per l'Aida, Violetta per La traviata, Santuzza per Cavalleria rusticana, Manon per Manon Lescaut, Otello per il capolavoro di Verdi e infine, l'ultimogenito Tristano, dal Tristano e Isotta di Wagner. «Ho chiamato il mio ultimo figlio Tristano - spiega - perché sebbene quello fosse il nome scelto per me da mio padre, negli anni del fascismo gli avevano imposto di scegliere un nome più "italiano". Così i miei scelsero Fausto, e non ebbi mai la soddisfazione di firmarmi con il mio vero nome, Tristano, sebbene lo amassi moltissimo. Mi ripromisi di battezzare così il primogenito, ma nacque mentre, insieme a mio padre, stavo guardando l'Aida alla tv e decidemmo di chiamarlo Radames. In seguito ebbi altre 4 figlie femmine, poi Otello in onore dello zio scomparso e poi finalmente arrivò Tristano».
Tristano oggi ha 30 anni, come i suoi fratelli non segue la lirica, e da amici e fidanzata si fa chiamare più semplicemente Billy. Il fatto di chiamare i figli come i protagonisti dell'opera è una tradizione che per i Bottazzo si trasmette di generazione in generazione e che continua ancora oggi. I fratelli di Tristano, a parte i cambi nome imposti all'anagrafe, si chiamano Otello, Turiddu, Lola e Alfio, mentre tra i nipotini, tutti con nomi italiani, c'è però Calaf, thailandese per metà, che porta lo stesso nome del principe ignoto che nella Turandot di Puccini intona l'aria «Nessun dorma».
Il padre Gino faceva il pollivendolo a Catene, un mestiere che lo portava ad avere spesso a che fare con l'organizzazione artistica del teatro La Fenice, che si serviva di lui per recuperare gli animali da cortile necessari alle sue rappresentazioni: «Nell'anfiteatro all'aperto dell'isola di S. Giorgio - racconta Tristano - ci hanno chiesto di portare 6 cavalli bianchi per la Carmen e 350 colombi viaggiatori per la scena finale de La Resurrezione di Cristo». Ma Tristano Bottazzo, è conosciuto a Marghera per un altro motivo, oltre che per la lirica. Nel 1960, grazie a un buon affare, il padre Gino Bottazzo acquistò un negozio di alimentari in piazza Mercato e aprì una rosticceria. Polli allo spiedo ma anche specialità della cucina italiana e veneta, come i tramezzini e le rinomate mozzarelle in carrozza, che chiunque abiti a Marghera deve aver assaggiato almeno una volta e che per molti sono diventate un must dell'aperitivo della domenica mattina. Persino la Repubblica, in un articolo del 6 giugno 2010, nomina la Rosticceria Bottazzo per la genuinità dei suoi prodotti, tra i primi negozi italiani per il take away. Lì, con la sua famiglia, Tristano trascorre le sue giornate di lavoro, e da lì, quando non parte per Venezia e Verona con addosso i coloratissimi giubbini (tra cui un capospalla con il ritratto di Giuseppe Verdi sul retro), assiste al Marghera Opera Festival, la rassegna che si svolge proprio di fronte al suo locale.
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