Battaglia per i “nizioleti”: stop della Soprintendenza

Sul nuovo stradario del Comune interviene Soragni: «Nessun cambiamento senza l’autorizzazione». L’assessore Agostini apre al confronto con i cittadini
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 18.11.2013.- Nizioletti. Ponte del parrucchetta.
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 18.11.2013.- Nizioletti. Ponte del parrucchetta.

VENEZIA. Terrà o terà? Salizzada o salizada? Parrucchetta o Parucheta? In sintesi: doppie come riportano molte fonti storiche, compreso i “cattastici” del 1786 ultimo atto toponomastico della Serenissima (e come ritiene il Comune nel nuovo stradario); oppure, singole consonanti, come nella musicalità quotidiana del veneziano parlato (come richiede l'agguerrito gruppo Facebook "Il passato e il presente dei nizioleti")?

Nella accesa querelle che sta infiammando la Rete, interviene ora a gamba tesa il sovrintendente regionale ai Beni culturali Ugo Soragni, che pone l’altolà a qualsiasi cambiamento - si tratti pure di correzioni di errori - senza la preventiva, obbligatoria autorizzazione da parte della soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici di Venezia, come impone il regio decreto 1158 del 1923, convertito nella legge 473/25, confermata con decreto del presidente della Repubblica 223/1989. Il tutto tradotto in circolare inviata alla sovrintendente veneziana Renata Codello , perché si attivi con il Comune per fermare ogni intervento prima di aver autorizzato il nuovo stradario. La circolare 35/2013 fa riferimento alle polemiche di questi giorni sul rischio di “italianizzazione” dei nizioleti, con l’introduzione delle doppie tanto invise al veneziano parlato. Volontà categoricamente negata dal Comune, che cita come fonti per i 4 mila toponimi veneziani, i cattastici del 1786 e del 1802, l’Elenco dei numeri anagrafici del 1841, le “Curiosità veneziane” del Tassini, l’Indicatore anagrafico di Zangirolami (1937), l’indicatore anagrafico di Del Mar del 1996, i verbali delle commissioni che si sono susseguite negli anni. Ma quel “Terrà” e quella “Salizzada” stridono a tal punto all’orecchio che il rischio di “italianizzazione” è stato preso per buono anche dal sovrintendente. Così, «con riferimento ad alcune recenti iniziative della Municipalità veneziana, volte ad introdurre modifiche della denominazione degli spazi pubblici mediante l’italianizzazione delle indicazioni contenute nei nizioleti», si ricordano le norme che impongono il parere della sovrintendenza e che di fatto - italianizzazione o no -blocca ogni rifacimento. «Va assolutamente evitata, soprattutto per le antiche strade o piazze comunali, la mutazione della loro denominazione», ammonisce Soragni, «perché sono espressione della storia dei luoghi, si tratti di cambiare nome, passare dal dialetto all’italiano o anche dall’italiano al dialetto». Un sasso in uno stagno già molto mosso, che blocca di fatto ogni nuova manutenzione - molti nizioleti sono ormai illegibili - per ora avviata a San Marco e San Polo, grazie a sponsor.

Ieri mattina - dopo settimane di polemiche - l’assessora Tiziana Agostini ha cercato di porre alcuni punti fermi, aprendo la porta al confronto con i cittadini, annunciando un importante convegno per l'11 dicembre all'Ateneo Veneto per dirimere definitivamente la questione, presenti la dialettologa Gianna Marcato, lo storico delle lingue Lorenzo Tomasin, lo scrittore Tiziano Scarpa, la glottologa Elena Triantafillis e un esponente del gruppo Facebook. «Dopo il convegno, prenderemo le decisioni definitive, perché vogliamo arrivare a mettere nero su bianco la toponomastica di Venezia, che è storia di comunità e della lingua veneziana», commenta l’assessora Agostini, «per arrivare al "compleanno" di Venezia (che tradizione vuole il 25 marzo, ndr) facendo alla città questo regalo. Il gruppo di lavoro dell'assessorato (il dirigente Paolo Barbieri, con Francesco Padovan e Laura Fiorillo) ha valutato attentamente tutte le fonti e individuato la grafia corretta». «Non si tratta di italianizzare alcunché semmai il contrario: correggere e ripristinare toponimi strorici», conclude Agostini, «ma concordo che alcune forme, pur corrette, risultano discordanti con il comune sentire della lingua parlata e la percezione può essere di errore, anche se i documenti dicono altro. Sono disponibile al confronto, ma alla fine deciderò: lo stradario serve porre dei punti fermi sulla toponomastica di Venezia, che ha un grande valore culturale ed identitario che rischiava di venir perso, dato che nel tempo le originarie iscrizioni dei nizioleti sono state, a volte, tradotte in italiano, oppure riportate in modo errato o, ancora, distorte».

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