Battaglia al Tar sul referendum del 30 settembre Il presidente: decisione entro agosto

Restano come ultimo scoglio il Comune e la Città metropolitana, che hanno impugnato la delibera della Regione
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 15.07.15.- Udienza al TAR di Venezia.
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 15.07.15.- Udienza al TAR di Venezia.

VENEZIA. Entro la fine di luglio, al massimo i primi giorni di agosto. È il termine che il presidente del Tar Maurizio Nicolosi ha indicato per il deposito della sentenza che darà o meno il via libera al quinto referendum per la separazione Venezia-Mestre: «Non andremo in sezione balneare, lo garantisco».

Ieri, infatti, sono andati finalmente in discussione davanti al Tribunale amministrativo i ricorsi della Città metropolitana e del Comune del sindaco Brugnaro, per chiedere l’annullamento delle delibere con le quali la Regione ha dichiarato la meritevolezza del quesito referendario, fissato per il 30 settembre la chiamata alle urne e stabilito che ad esprimersi sulla divisione della città d’acqua e di terraferma siano i soli residenti e non tutta la città metropolitana.

Interpress/M.Tagliapietra Venezia 15.07.15.- Udienza al TAR di Venezia.
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 15.07.15.- Udienza al TAR di Venezia.


L’udienza si è aperta con l’annunciata rinuncia del governo Conte - per voce dell’Avvocatura dello Stato - al ricorso per conflitto di attribuzione, allontanando l’ipotesi che approdi in Corte Costituzionale la decisione su chi, Regione o Stato, legge regionale 25/92 o Legge Delrio 56/14, possa decidere sui confini del Comune di Venezia. Ed è stata battaglia tra i legali delle istituzioni.



«L’architrave della Città Metropolitana è nel ruolo specifico del Comune capoluogo», ha scandito il professor Giandomenico Falcon per il Comune, «che fornisce il sindaco e dà il ritmo: se va in crisi il Comune di Venezia, cade anche la Città metropolitana. La legge Delrio definisce l’obbligo di dividere il Comune capoluogo solo in caso di elezione diretta del sindaco metropolitano, per evitare che ci siano due sindaci “forti”. Ma il suffragio universale non c’è nello statuto della Città metropolitana di Venezia. Questo referendum è un modo per disgregarla. Supponiamo vinca il “Sì”, creando una Venezia capoluogo con 80 mila abitanti. Se si deciderà per l’elezione del sindaco metropolitano, si sarà obbligati per legge a dividerla ancora in ....frammentini. Non si può lanciare un siluro che distrugga la Città metropolitana attraverso una legge regionale. La Regione è come Shylock del Mercante di Venezia: ha diritto alla sua libbra di carne, ma non può spargere il sangue di Antonio. Deve fermarsi. Il quesito? Sgrammaticato, ingannevole, senza confini chiari: nessun abitante di Marghera o Campalto si sente mestrino».

«Se si andasse alla divisione», sottolinea l’avvocato Roberto Chiaia, «il sindaco metropolitano sarebbe espressione del 9% degli abitanti».



«Il secondo comma dell’articolo 133 della Costituzione è chiarissimo: è competenza esclusiva del legislatore regionale procedere alla modifica dei confini degli enti locali», replica l’avvocato Francesco Zanlucchi, per la Regione, «lo ha ribadito più volte la Corte costituzionale. Per i ricorrenti, senza l’elezione del sindaco metropolitano i confini del solo Comune di Venezia diventano intoccabili: alla faccia della Costituzione! Quanto al quesito, non mi risulta che nei precedenti referendum si sia allegata una cartografia e la differenza tra terraferma e laguna è chiara a tutti. La chiamata al voto dei soli residenti? San Donà non elegge il sindaco metropolitano, Mestre sì». —
 

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