Baratta e la sfida alla crisi: «Siamo un antidepressivo»

Oltre gli aspetti artistici, il dinamismo della cultura: per “Il Palazzo Enciclopedico” raccolti molti finanziamenti privati. Gioni: «Siamo posseduti dai media digitali»

VENEZIA. «Ciò che è in basso è come ciò che è in alto». È il principio-base dell’Ermetismo, cioè della più esoterica delle dottrine, contenuta nella misteriosa Tabula Smeragdina di Ermete Trismegisto, studiata da generazioni di occultisti. E Massimiliano Gioni, che con il presidente della Biennale Paolo Baratta ha presentato ieri ufficialmente “Il Palazzo Enciclopedico, l’edizione della Mostra internazionale di Arti Visive al secondo giorno di vernice e che si inaugurerà sabato, ha applicato esattamente questo principio. Se la sua Biennale è infatti esoterica, animistica, sciamanica, ermetica - piena com’è di opere di “artisti” veggenti, sensitivi o comunque introspettivi, da Ernst Jung a Rudolf Steiner, a Alistair Crowley - lo è anche nel mettere sullo stesso piano artisti affermati e veri e propri dilettanti di successo.

«Io» ha spiegato il curatore «non scelgo solo gli artisti, ma le opere che raccontano tante storie. Questa però non è una mostra sull’occulto, sullo spiritismo vuole invece ricordare che siamo medium della mente, delle immagini. Oggi non siamo posseduti dalle voci degli spiriti ma dai media digitali». Per dare peso ulteriore al suo viaggio nell’immaginazione, artistica, ha citato Godard e Leon Battista Alberti e ricordato che «figure spiritiste hanno fatto un lavoro straordinario» ma proprio perché non erano professionisti sono state spinte «fuori dalla storia dell’arte». «Siamo un antidepressivo», ha invece sottolineato della sua Biennale Paolo Baratta che, davanti alle istanze che il mondo della finanza e della politica rivolge alla cultura e all’arte per dare risposte a una crisi che può essere curata ma rischia di creare depressione, ha rivendicato il ruolo di iniettore di fiducia svolto dalla stessa Biennale nel momento della presentazione al mondo della 55. mostra internazionale d’arte. Basta vedere la quantità impressionante di fondazioni private che sostengono questa Biennale, «sponsorizzandone» anche artisti o parti specifiche. C’è naturalmente la Fondazione Trussardi, il cui direttore artistico è lo stesso Gioni. E c’è la Fondazione torinese Sandretto Re Rebaudengo - diretta da Francesco Bonami, con cui Gioni ha collaborato per la Biennale del 2003 - che sostiene l’artista finlandese Ragnar Kjartansson, con la sua nave di legno carica di musicisti che in questi giorni naviga in mezzo alle Gaggiandre dell’Arsenale. E c’è la Pinacoteca Giovanni Marella Agnelli che ha finanziato la partecipazione dell’artista statunitense Cindy Sherman, con la sua sezione all’Arsenale fatta di pupazzi, manichini, idoli e dipinti, con una trentina di artisti da lei chiamati a collaborare.

Ma l’elenco è molto più lungo e potrebbe continuare. C’è il collezionista e finanziere greco Dakis Joannou, che ha già collaborato con Gioni in passato e altre fondazioni russe e americane. C’è l’Enel, main sponsor della Mostra, che sostiene le opere di un sestetto di artisti selezionati dal curatore per la Mostra principale: il russo Victor Alimpiev, il rumeno Geta Bratescu, il brasiliano Paulo Nazareth, il messicano Damien Ortega, la spagnola Paloma Polo, il colombiano Josè Antonio Suarea Londono. Dal contributo di questi donors - come vengono chiamati - alla Biennale, arrivano diversi milioni di euro, indispensabili per la sua organizzazione, in aggiunta alla capacità della fondazione di aumentare da sola i propri introiti. Dai soli patrocini a una cinquantina di mostre collaterali presenti quest’anno, arriva nelle casse di Ca’ Giustinian circa un milione di euro. Lo stesso Gioni si è dichiarato ieri profondamente stupito dalla quantità industriale di mostre collaterali di grandi musei cinesi presenti a Venezia quest’anno, con un investimento impressionante. In questo caso, “ciò che è in alto” - cioè i grandi investitori dell’arte, soprattutto privati - aiutano “ciò che è in basso”, cioè gli artisti emergenti e le istituzioni come la Biennale, che, nonostante il loro prestigio, con i tagli dei fondi pubblici da sole non ce la farebbero a mettere in piedi il grande Barnum espositivo che si celebra in questi giorni in laguna. Basta tenere separati i ruoli.

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