Bandiera nera di Legambiente a Paolo Costa

«Vuole decidere per la città e millanta migliorie inesistenti» Bettin: «Poteri a Venezia». Zaccariotto: «Ci siamo anche noi»
Di Roberta De Rossi

Legambiente assegna la bandiera nera di “pirata del mare” al presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa. Scelta scontata, in questi mesi di polemica. «Ma non dalla sola, pur fondamentale, questione “grandi navi” è stata determinata la nostra scelta», commenta Luigi Lazzaro, presidente Legambiente Veneto, «si tratta di un ragionamento complessivo, rispetto all’ingerenza del porto sulle scelte della città, con attacchi minacciosi come quelli con il quale il presidente paventa la perdita totale del movimento croceristico se non si fa come vuole il porto, riducendo il valore di Venezia a un mero porto turistico». «Una bandiera nera», continua Lazzaro, «che Costa si guadagna anche per aver “millantato” opere di miglioria legate al risparmio energetico e all’abbattimento degli scarichi inquinanti del porto, con l’elettrificazione delle banchine per le navi agli ormeggi: lavori annunciati due anni fa e dei quali non si sa più nulla, con la scusa che sarebbero investimenti fermi a causa delle polemiche sulle crociere». «Poi, certo, c’è il tema grandi navi in bacino», prosegue Lazzaro, «dire come fa Costa da anni che a Venezia grandi incidenti non possono accadere perché i fondali sono sabbiosi e i rimorchiatori obbligatori, non è sufficiente: aumentando i flussi di traffico, aumentano i rischi. È una bandiera nera anche a certe dichiarazioni fallaci: Costa dice che le navi vengono rimorchiate a 6 nodi in bacino, ricordiamo che a Genova la Jolly Nero procedeva a 3,2».

Legambiente boccia il progetto di scavo del Canale Contorta Sant’Angelo come «ulteriore sconquasso dell’assetto idrogeologico della laguna». Ma anche il progetto alternativo di porto off shore alla bocca di porto del Lido - che piace al Pd - «perché trasferire i passeggeri implicherebbe un aumento sproporzionato del traffico in laguna, già oggi un’emergenza. Non vogliamo chiudere il porto: la soluzione Marghera prospettata dal sindaco Orsoni è al momento la più sostenibile, se accompagnata da pianificazione e investimento per il recupero di un’area degradata, che potrebbe trovare nuova linfa nel turismo».

«L’importante è che Venezia non alzi bandiera bianca, stretta da interessi e poteri che oggi le sottraggono autorità», commenta l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Bettin, «la volontà dell’amministrazione è che a dire la parola finale sia Venezia. La posizione in tal senso assunta dal ministro all’Ambiente Orlando ci conforta, ma dev’essere accompagnata da scelte del governo, che deve dare alla città il potere decisionale». Sul da farsi, Bettin è più possibilista. «Si studino tutti i progetti: Marghera, magari in via temporanea, è certamente la soluzione immediata più utile per applicare il decreto Clini-Passera», spiega, «lo scalo in bocca di porto, si valuti anche il Canale contorta, poi Venezia e solo Venezia decida secondo due opzioni: garantire la sicurezza della città e quella della laguna. In tal senso lo scavo di un nuovo canale non credo l’assicurerebbe». Nel braccio di ferro Comune-Porto, s’inserisce la presidente della Provincia Francesca Zaccariotto che - ricordando i 9500 posti di lavoro nell’indotto croceristico - rivendica voce in materia: «Lasciamo ai tecnici la proposta di soluzioni realizzabili ed economicamente sostenibili, a noi amministratori e politici l’obbligo di ascoltare la voce della cittadinanza, e tutelare in primis l’interesse pubblico. Siamo la prima provincia in Italia per presenze turistiche, con oltre 35 milioni di visitatori l’anno, ma le grandi navi vanno spostate dal bacino di San Marco».

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