Banda del bancomat, tutti scarcerati
Dopo il “caso Mascolo”, il giudice trevigiano finito nell’occhio del ciclone per aver affermato che «lo Stato ha perso completamente e totalmente il controllo del territorio», sul Tribunale di Treviso rischia di aprirsi ora una nuova pesantissima polemica.
Ieri mattina il giudice Umberto Donà ha scarcerato d’un fiato tutti i 18 appartenenti alla cosiddetta “banda del bancomat”, un sodalizio ritenuto responsabile di 35 colpi ai danni di istituti di credito di mezzo Veneto per un bottino complessivo di mezzo milione di euro. Alla base della decisione il parere del tribunale del Riesame di Venezia che ha evidenziato come il provvedimento di arresto firmato da Donà non fosse corretto perchè minato da un “vizio procedimentale”: Donà non aveva effettuato gli interrogatori di garanzia.
È l’ennesimo colpo di scena di una vicenda giudiziaria complicata quanto emblematica iniziata lo scorso settembre, quando i carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Treviso arrestarono i membri della banda con un blitz che da Treviso si allargò a Venezia, Padova, Verona e Pordenone. Secondo l’accusa il gruppo, diviso in due bande accomunate dalla figura di Jody Garbin, l’artificiere che confezionava l’esplosivo, avevano dato l’assalto per mesi ai bancomat tra il Mantovano e le province venete di Padova, Vicenza, Verona e Treviso.
L’operazione ottenne il plauso di tutti. Una vittoria delle forze dell’ordine e delle giustizia, ma l’entusiasmo fu breve. Dei 18 arrestati, 16 presentarono ricorso al tribunale del Riesame di Venezia contestando l’ordinanza di arresto firmata da Donà: «mancano le motivazioni delle esigenze cautelari» dissero gli avvocati. E i magistrati veneziani, letto il testo firmato dal giudice trevigiano, diedero ragione ai legali annullando la misura per “vizio di forma” liberando di tutti i 16 imputati che avevano fatto ricorso. In Procura a Treviso fu un mezzo terremoto, a cui si diede risposta a gennaio con la firma di un nuovo provvedimento di arresto (sempre da parte del giudice Donà), stavolta motivato e apparentemente inattaccabile. Dei sedici scarcerati in ottobre, tredici tornarono agli arresti in carcere, due ai domiciliari, uno fu sottoposto all’obbligo di firma. Stavolta aveva finalmente vinto la giustizia? I legali degli arrestati tra cui Crea, Borella, Pierobon e altri nomi di peso del foro di Treviso tornarono all’attacco rivolgendosi nuovamente al Riesame e contestando il nuovo provvedimento assunto da Donà. A loro dire anche questo era sbagliato, ma stavolta non da un vizio di forma, ma da una pesante errore procedurale: essendo una nuova ordinanza rispetto a quella emessa (e poi annullata) a settembre, ed essendo state con questa circostanziate le ragioni per cui i sedici dovevano stare in carcere, «il giudice avrebbe dovuto procedere come aveva fatto la prima volta, ovvero facendo entro 5 giorni dal provvedimento gli interrogatori di garanzia. Ma non li ha fatti». Il Riesame prese in considerazione il caso, rinviò il parere allo stesso Donà che affermò la correttezza del suo operato, ma due giorni fa l’appello al Riesame di uno degli avvocati degli arrestati ha incassato l’ok dei giudici veneziani che hanno dichiarato “inefficace” il provvedimento di Donà per omesso interrogatorio degli indagati.
Risultato? Scarcerazione immediata per il rapinatore che aveva fatto appello. Donà, ieri mattina, fumava di rabbia dovendo incassare la contestata bocciatura del Riesame e la pioggia di ricorsi degli altri avvocati. Di qui l’ordinanza: «Sono esaurite le esigenze cautelari» scrive Donà che criticando la scelta del tribunale veneziano continua, «per ragioni non tanto di pur dovuto rispetto delle decisioni altrui, ma di uniformità». Se esce uno, escono tutti. E tanti saluti.
Federico de Wolanski
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