Banchi semivuoti al mercato «Era meglio con il lockdown» L’ingrosso perde 700 mila euro

In pescheria prodotto congelato o di allevamento, reggono le seppie Mazzaro: «In questa settimana fattureremo un terzo del normale» 
Daniele Zennaro

l’analisi

Stavolta sono le seppie a salvare il Mercato ittico, almeno in parte. Già, perché la protesta dei pescatori che hanno tenuto i pescherecci ormeggiati in porto per una settimana costerà al mercato ittico all’ingrosso di Chioggia, uno dei più importanti d’Italia, qualcosa come 700 mila euro. L’equazione è semplice: niente barche in mare, niente pesce e quindi niente produzione e vendita di prodotti ittici nostrani, come conferma il direttore Emanuele Mazzaro. «La settimana forzata di fermo pesca», spiega il direttore del Mercato ittico e amministratore unico di Sst, «andrà ad incidere per almeno due terzi della consueta produzione settimanale. In una settimana il mercato ittico fattura circa 850 mila euro. Adesso, anche se ancora non ci sono i dati ufficiali, si rischia una perdita di 700 mila euro. Quindi, se tutto va bene, si fatturerà circa un terzo del normale».

A tenere banco le seppie che, in questo periodo, vengono catturate con le reti da posta che si trovano in mare e le cui quotazioni sono piuttosto elevate. «Le grandi barche», conferma Mazzaro, «si sono fermate tutte. È uscita qualche imbarcazione della piccola pesca, ci sono i prodotti congelati di provenienza estera, il pesce ed i molluschi da allevamento. Un’assenza di pesce che, naturalmente, si ripercuote sulla pescheria al minuto, nei supermercati, nei ristoranti e nei grossi mercati ittici nazionali. In pratica in tutta la catena ho.re.ca.».

E, in effetti, nella pescheria al minuto di Chioggia il quadro è piuttosto desolante. Banchi mezzi vuoti e pochissimi clienti. «È naturale», conferma Roberto Perulli, mezzo secolo di lavoro in pescheria, «che non ci sia gente. Se non viene portato il pesce fresco perché i pescherecci non escono in mare, la gente non viene. È una storia triste, molto triste. È il periodo più brutto nella storia della pescheria, peggio addirittura del lockdown imposto dalla pandemia. C’è un po’ di pesce congelato, un po’ di pesce di allevamento, ma per il resto non c’è altro. Speriamo che questa storia si risolva presto». In effetti che non ci sia pesce in una città che vive con il pesce lascia molto l’amaro in bocca, anche se per una giusta causa. La protesta è riuscita, ora urgono le soluzioni. —

DANIELE ZENNARO

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia