Bancarotta per dieci milioni liquidatore disposto a rimborsare
MESTRE. Potrebbero strappare un rinvio dell’udienza preliminare di oggi il presidente del consiglio d’amministrazione della Rizzato spa, il coneglianese Elvio Rizzato, e il liquidatore della stessa società, Roberto Ronchi: devono rispondere di concorso in bancarotta fraudolenta per una cifra da capogiro, dieci milioni di euro. Prima di deciderlo, però, il giudice veneziano Massimo Vicinanza chiederà il parere del pubblico ministero Laura Cameli e soprattutto del curatore fallimentare della società, che un tempo gestiva la più importante concessionaria di auto di Mestre, il commercialista Mario Tucci.
È l’avvocato trevigiano Stefano Pietrobon, che difende l’ex manager della Maserati poi diventato socio di Rizzato, ad aver chiesto un rinvio per permettere al suo cliente di risarcire almeno in parte i numerosissimi creditori della società mestrina. E toccherà proprio a Tucci dire se accetta la cifra che Ronchi ha dichiarato di essere disposto a versare: 150 mila euro più altre 50 mila che gli spetterebbero come remunerazione per l’attività di liquidatore. Certamente ben poca cosa rispetto ai dieci milioni che, stando alle fiamme gialle, sarebbero stati sottratti, ma una cifra considerevole rispetto al poco attivo che il curatore si è trovato a gestire dopo il fallimento, che il Tribunale civile ha dichiarato cinque anni fa. Niente soldi, invece, da Rizzato, difeso dall’avvocato Simona Carolo, intenzionata ad affrontare il processo in aula, in caso di rinvio a giudizio, e a chiedere l’assoluzione per l’imprenditore, un tempo molto noto nella terraferma veneziana.
Tre sedi (Tessera, Spinea e San Donà) e fino al 2008 230 dipendenti: la Rizzato Auto era la maggiore concessionaria di veicoli nella terraferma veneziana. Seimila automobili nuove immatricolate all'anno, più altri quattromila veicoli usati venduti, un fatturato di 90 milioni di euro. Era concessionaria di numerose case, Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Renault, Nissan, Dacia e Mazda. Nonostante questo, il 24 marzo 2010 era stata posta in liquidazione e a maggio si erano scatenate le proteste: quelle dei clienti che avevano pagato e non avevano mai visto l'auto.
Un anno dopo il fallimento, nonostante Elvio Rizzato avesse chiesto il concordato preventivo. Ma il commissario nominato dai giudici aveva scoperto che il passivo sfiorava i 30 milioni di euro. Stando alla Guardia di finanza, i dieci milioni di euro sottratti dai due indagati sarebbero finiti in un’altra società del gruppo Rizzato, la Alba srl, che faceva capo anche al figlio di Elvio, ora ultrasettantenne. Nel 2011, il tentativo era quello di salvare la srl, tanto che anche per questa società era stato chiesto il concordato e quei dieci milioni, forse, servivano per tirarla fuori dai guai. Alla fine, però, è fallita anche la Alba.
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