Bancarotta all’ex Amelia «Il dissesto fu aggravato»

La testimonianza del curatore fallimentare nel processo a carico dei Boscarato Avrebbero anche girato 73 mila euro alla madre. La difesa: ricostruzione errata
BOLIS MESTRE 29/03/2007 via Miranese ristorante all' Amelia intervista a Marco Boscarato titolare nella foto assieme al fratello © Bertolin M.
BOLIS MESTRE 29/03/2007 via Miranese ristorante all' Amelia intervista a Marco Boscarato titolare nella foto assieme al fratello © Bertolin M.

I fratelli Boscarato, Diego e Marco, figli del noto ristoratore Dino, si sono presentati nell’aula del Tribunale ieri, per rispondere di bancarotta fraudolenta della società «Cap srl», che gestiva oltre «all’Amelia», (oggi una nuova gestione) anche «Vida Nova» di piazzale Candiani. Difesi dagli avvocati Paola Bosio e Tito Bortolato: stando alle accuse, nel 2008, ben due anni prima del fallimento, le perdite della società erano già salite a 972 mila euro e, nonostante l'enorme passivo, i fratelli Boscarato non avrebbero chiesto il fallimento, aggravando il dissesto della «Cap srl» che in seguito ha raggiunto il milione e 600 mila euro, come ha spiegato ieri nella sua testimonianza il curatore fallimentare, il commercialista Massimo Da Re. Marco e Diego, inoltre, poco prima della dichiarazione di fallimento da parte dei giudici veneziani, avrebbero prelevato dai conti dell'azienda 133 mila euro e a dimostrarlo sarebbe la documentazione bancaria. Infine, sempre poco prima dell'aprile 2010, avrebbero effettuato pagamenti per 73 mila euro a favore della madre Mara e di uno di loro, Marco, sottraendo in questo modo risorse ai creditori. I difensori hanno scelto di andare davanti al Tribunale affrontando il dibattimento in aula: «Lo abbiamo scelto», aveva spiegato uno di loro, l'avvocato Bosio, «perché grazie ai testimoni e al nostro consulente emergerà una lettura dei fatti ben diversa da quella fornita dalla Guardia di finanza». Per i due legali, le Fiamme gialle avrebbero dato un'interpretazione dei conti errata. «Siamo fiduciosi», conclude l'avvocato Bosio, «che riusciremo a dimostrare l'insussistenza delle ipotesi dell'accusa, in particolare che non vi sia stato alcun aggravamento del dissesto». Dopo il fallimento, della «Cap», tre anni fa, la famiglia Boscarato aveva creato una nuova società, la «1961», e con quella aveva continuato a gestire il ristorante ai piedi del cavalcavia di via Miranese (prima erano proprietari anche dell'immobile che poi avevano ceduto per tappare alcune falle). A dare il colpo economico definitivo l’apertura del nuovo locale in piazzale Candiani. (g.c.)

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