«Avrei fatto di tutto per vincere, ma non scrivo per i premi»

VENEZIA. La “tradizione” negativa per i veneti, sempre in cinquina ma raramente vincitori del Campiello, si è riconfermata anche in questa 50esima edizione del Premio Letterario. Questa volta a...
Di Silva Menetto
COLTRO INTERPRESS/GF.TAGLIAPIETRA VENEZIA 01.09.2012. PREMIO CAMPIELLO 2012.GIOVANNI MONTANARO
COLTRO INTERPRESS/GF.TAGLIAPIETRA VENEZIA 01.09.2012. PREMIO CAMPIELLO 2012.GIOVANNI MONTANARO

VENEZIA. La “tradizione” negativa per i veneti, sempre in cinquina ma raramente vincitori del Campiello, si è riconfermata anche in questa 50esima edizione del Premio Letterario. Questa volta a doverci fare i conti è stato Giovanni Montanaro, 30 anni, scrittore e avvocato veneziano in corsa con “Tutti i colori del mondo” (Feltrinelli). Ma il fatto di non aver vinto la famosa vera da pozzo («anche se avrei fatto qualsiasi cosa lecita, pur di vincerla» confessa) non gli farà certo lasciare la penna per il tribunale, anzi.

«Ho cercato in questi anni di seguire i due percorsi parallelamente e non volevo che l’esito di stasera fosse comunque determinante. Il Campiello, con il tour estivo, con questa sovraesposizione mediatica, è stata una bella esperienza ma anche una fatica che ti fa riflettere su quello per cui scrivi. E non si scrive mica per vincere il Campiello».

Scrivere per Giovanni è una necessità personale vera, lui che ama il suo territorio, la regione e la città in cui vive («non lascerei Venezia neanche morto») ma precisa «le mie storie vanno un po’ in giro per il mondo, la mia ricerca letteraria non è radicata qui».

Gli altri libri della cinquina li ha letti, anche se in extremis, durante l’estate, e gli sono piaciuti. Quello di Marcello Fois sopra tutti gli altri. Dell’esperienza complessiva del Campiello ha apprezzato soprattutto «il forte senso di coesione che si crea tra gli autori che partecipano al premio ed è qualcosa che assume un valore anche maggiore in un periodo storico difficile come quello che stiamo vivendo» ma anche la grande capacità del premio di portare in giro i libri e di farli conoscere al pubblico, cosa tutt’altro che sottovalutabile in un’epoca in cui di libri se ne vendono davvero pochi.

E allora: c’è già un nuovo libro nel cassetto: «Penso a delle storie, qualche idea nuova ce l’ho, ma probabilmente per me la letteratura resta uno spazio di fuga, di diversità rispetto ad altre cose che faccio. Troverei improprio prendere spunto da un caso proveniente dalla mia professione di avvocato e servirmene: io sono fatto così». Eppure ammette che un giallo, prima o poi, gli piacerebbe scriverlo. E che, comunque sia andata, l’esperienza del Campiello vissuto da finalista è stata importante, nella sua giovane vita di scrittore, e di uomo.

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