«Avevi tutti i colori della pace» In duecento per l’addio ad Alessia

Nella chiesa della Resurrezione alla Cita la cerimonia per la cantante vinta a 41 anni da un tumore L’omaggio dei tanti immigrati africani che ha aiutato, le canzoni del suo gruppo musicale

MARGHERA. «Un ciclone di colori capace di trasformare la fragilità in accoglienza». Ieri mattina si è tenuta la cerimonia laica per commemorare Alessia Pugliatti nella chiesa della Resurrezione della Cita. Don Nandino Capovilla, il parroco che conosceva la giovane donna originaria di Messina, morta a 41 anni per un tumore fulminante lo scorso 31 dicembre, ha concesso sia lo spazio della chiesa che quello della parrocchia agli amici e ai familiari che volevano dedicarle un pensiero.

Duecento persone hanno salutato in lacrime Alessia, in un incontro durato quasi tre ore seguito da un buffet. La cerimonia, con al centro la bara, ha avuto proprio inizio con la canzone che aveva richiesto la donna, eseguita dal gruppo di cui faceva parte da anni, le Women back from Hollywood.

Le sei amiche hanno trovato la forza di cantare per lei e per i presenti “Que sera sera” di Doris Day, una canzone – come qualcuno ha ricordato – con un testo leggero, ma allo stesso tempo intenso, dove emerge che è impossibile prevedere il nostro futuro e che bisogna accettarlo per come arriva.

L’amico musicista Giovanni Natoli ha rotto il ghiaccio, descrivendola come «un ciclone di colori», riferendosi agli abiti dai colori accesissimi che indossava e al suo carattere passionale dalla risata contagiosa, nonostante fosse anche una donna timida. Una timidezza che lasciava intravvedere un aspetto fragile che Alessia sapeva comunque trasformare sempre in un gesto di grande umanità. Punto di riferimento dell’associazione “Libera la parola”, Alessia aveva infatti insegnato italiano agli stranieri, come si vedeva ieri dal pubblico presente, un microcosmo multiculturale che era riuscita a includere nella sua vita: «Quelli che per noi sono stranieri», ha detto dal pulpito un’amica, «per lei erano tutti esseri umani, senza differenze. Era una vera operatrice di pace».

«Hai amato tutti noi africani», ha detto Mareme Diop, «ciao Mama Africa». Alessia da anni lavorava per il Padiglione Portoghese della Biennale, preparava prelibati cibi siciliani e africani. «Amava vivere, mangiare, stare con gli amici, parlare e cantare». Il calore della sua voce è stato ricordato da tutti. «Prima di salire sul palco», hanno ricordato le amiche delle Women che hanno poi cantato “Senza paura” di Ornella Vanoni, Toquinho e Vinicius De Moraes, e “Un bacio a mezzanotte” del Quartetto Cetra, «aveva sempre paura di non farcela, ma poi quando le usciva la voce mostrava tutta la sua forza ed era impossibile non esserne coinvolti».

Alessia verrà cremata. Alla fine della cerimonia, durata quasi tre ore, il pubblico è andato ad abbracciare il marito Bakari Kone, la mamma, il fratello e la sorella, per poi spostarsi nella sala parrocchiale.

Vera Mantengoli

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