«Atto infame, teppisti da punire con severità»

Prima l’applicazione della legge poi la rieducazione. «Con alcuni ragazzi ha funzionato»
Conf. stampa per discutere sul patto di stabilità indetta dalla Fondaz.Pellicani - nella foto da dx Bonzio, Bettin
Conf. stampa per discutere sul patto di stabilità indetta dalla Fondaz.Pellicani - nella foto da dx Bonzio, Bettin

«Teppisti infami che se la prendono con i più deboli e meritano una risposta severa da parte delle forze dell’ordine». Non usa mezzi termini il presidente della Municipalità di Marghera, il sociologo Gianfranco Bettin, di fronte ai giovani coinvolti nella rapina di via Correnti. Perché ci sarà tempo, nei prossimi giorni, per ragionare sui percorsi educativi e sui contesti familiari, spesso complicati, dai quali provengono questi ragazzi, ma oggi, di fronte a un episodio del genere, dice Bettin, «la prima cosa da fare è punirli severamente per quello che hanno fatto». C’è un gruppo di «ragazzotti» - come li appella il sociologo - a Marghera che danno filo da torcere alle forze dell’ordine e ai servizi sociali. Ma la rapina di ieri sera segna un salto in avanti. «Vengono chiamati baby-gang ma le gang sono ben altra cosa, così loro godono di questa definizione, che per loro è gratificante, e allo stesso tempo coltivano un senso di impunità di fronte alla legge perché, pur commettendo atti odiosi», prosegue Bettin, «si tratta di reati che spesso non prevedono l’arresto immediato».

Sono probabilmente parte dello stesso gruppo che in passato se l’è presa con i commercianti stranieri, bengalesi, ritenuti soggetti deboli e quindi facilmente aggredibili. Ma se in quel caso le aggressioni potevano essere interpretate - ma certo non giustificate - come una resa dei conti tra gruppi sociali ai margini, la rapina di sabato sera a una coppia, di cui lui disabile, appare totalmente gratuita. «È per questo che meritano una risposta severa, l’unica possibile di fronte al ripetersi di fatti come questo».

Poi, in un secondo momento, potrà partire il percorso di rieducazione. «Un percorso che nel corso dell’ultimo anno, per alcuni ragazzi, ha funzionato», aggiunge Bettin, «grazie all’intervento dei servizi sociali o di associazioni, o l’impegno nello sport. Percorsi che hanno permesso a questi ragazzi, tutti giovani, di avere una seconda possibilità. Anche se qualche irriducibile ci sarà sempre, preso nella sua esaltazione di onnipotenza data, lo ripeto, dalla gratificazione di riconoscersi in quella che i giornali chiamano la baby-gang e la certezza di non essere punito». Non aiuta certo il fatto che, dall’estate del 2014 - ricorda ancora Bettin - sono stati azzerati i progetti speciali che permettevano interventi mirati degli operatori sociali, utilizzati con quell’elasticità necessaria quando si lavora in mezzo alla strada.

Francesco Furlan

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