Attiviste contro la Biennale: «Sul red carpet sfila la cultura dello stupro»

Protesta alla Mostra del Cinema per la presenza di  Woody Allen,

Luc Besson e Roman Polanski, registi coinvolti in vicende di violenze sessuali contro donne. Le femministe scendono in strada contro la violenza di genere

M.d.
La contestazione di un gruppo di giovani attiviste durante la Mostra del Cinema
La contestazione di un gruppo di giovani attiviste durante la Mostra del Cinema

Proteste alla Mostra del Cinema. Un gruppo di attiviste transfemministe è sceso per strada senza le magliette, sui corpi le impronte delle mani con la vernice rossa, a simboleggiare le tante molestie denunciate anche nel mondo dello spettacolo. 

«Abbiamo organizzato un’azione di contestazione durante il red carpet di Woody Allen per protestare contro la scelta della Mostra del Cinema di Venezia che quest’anno ha deciso di dare spazio a tre registi accusati di molestie sessuali e stupro» spiegano le giovani che, in una quindicina, hanno attirato l’attenzione dei presenti con il coro «Lo stupratore non è malato, è il figlio sano del patriarcato». Un grido che va oltre il red carpet o il programma della Mostra del Cinema e si rivolge direttamente alla cultura dello stupro, che  porta spesso a  giustificare chi commette delle molestie. 

«Quest’anno la Biennale del Cinema di Venezia ha scelto di dare spazio a Woody Allen, Luc Besson e Roman Polanski, registi coinvolti in vicende di violenze sessuali contro donne, anche minorenni. Le scuse accampate dal direttore della Mostra, Alberto Barbera, seguono il vecchio copione della distinzione tra l’uomo, responsabile davanti alla legge, e l’artista il cui genio non è mai giudicabile poiché superiore, e quindi libero da responsabilità terrene. La violenza di genere patriarcale rimane in qualsiasi contesto un fatto collettivo, e decidere su chi accendere i riflettori significa compiere, ogni volta, una scelta politica» spiegano, per poi continuare rivolgendosi direttamente agli organizzatori: «Non fareste mai sfilare sul red carpet chi ha agito, solo per citare gli ultimi casi, gli stupri di Palermo, Caivano, Milano.»

E poi l’accusa: «Ignorando così il problema, la Biennale contribuisce a legittimare e alimentare la cultura dello stupro, ovvero un clima in cui la violenza sulle donne e di genere viene normalizzata minimizzata e incoraggiata dal suo continuo ripetersi».

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