Attentato contro un locale fiamme davanti all’entrata
CHIOGGIA. Misterioso attentato, l’altra sera, ai danni di un ristorante che si trova nell'hinterland del capoluogo. Verso le 23, qualcuno si è avvicinato all’ingresso del locale, ha sparso del liquido infiammabile non meglio identificato (forse semplice alcol, sicuramente non benzina) e poi gli ha dato fuoco. Per finire ha gettato la tanichetta usata per contenere il liquido contro la porta del locale, ed è scappato.
I gestori, la cui attenzione era stata richiamata dall’urto del recipiente contro la porta, sono usciti in tempo per vedere il bagliore delle fiamme che divampavano davanti all'ingresso. Fiamme che si sono spente rapidamente, non trovando nulla che le alimentasse, e non hanno causato, quindi, alcun danno, né a cose, né a persone. L’episodio, quindi, potrebbe apparire insignificante se non fosse, in realtà, troppo insignificante. Sembra chiara, infatti, la volontà del misterioso attentatore di non arrecare danno.
Il contenuto della tanichetta, di soli due litri di volume, non sarebbe bastato a causare un incendio di proporzioni significative. Se la persona in questione avesse, comunque, voluto creare qualche guaio, non avrebbe lanciato il contenitore contro la porta e se avesse voluto, davvero, far del male, anche solo colpendo le strutture materiali, alla gestione del locale, avrebbe aspettato un’ora più tarda per dare esecuzione ai suoi propositi.
Tutte considerazioni fatte anche dai militari dell'Arma, chiamati sul posto dai proprietari subito dopo il minaccioso gesto. La spiegazione più ovvia, infatti, è quella della minaccia implicita, nello stile “tu sai perché l’ho fatto” e questa sembra essere la pista seguita dagli investigatori dell’Arma.
Naturalmente, per il momento, nulla trapela sulla vicenda: né il nome del locale, tanto meno la sua collocazione (si sa solo che si tratta di una frazione di Chioggia) né la possibile conoscenza di chi può aver compiuto quel gesto.
I carabinieri stanno indagando senza trascurare alcuna pista: dal gesto vandalico di uno scriteriato, al risentimento personale, alla rivalità in affari o, addirittura, al ricatto di stampo mafioso, ipotesi, quest’ultima, che sarebbe la più inquietante ma che, finora, sembra essere anche la meno probabile. Non c’è, infatti, alcun precedente noto di racket nella storia “criminale” della città. Nelle quasi totalità dei casi i “collegamenti” locali con la malavita organizzata riguardavano solo rapine alle banche o a grandi attività di vendita (il Mercatone ne aveva subito diverse, prima di chiudere) ma non il controllo economico del territorio.
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