Assunzione di Maritan ai parchi «Discutibile ma nessun illecito»
SAN DONA'. «Il perseguimento del pubblico interesse sembra essere stato l’obiettivo principale di Francesca Zaccariotto e Eugenia Candosin le quali, con un’ottica certamente distorta di amministrazione della cosa pubblica, di per sé tuttavia non illecita, avevano nondimeno ritenuto che la provenienza delinquenziale di Maritan potesse essere la soluzione del problema della sicurezza dei parchi».
Così scrive la presidente della prima sezione penale della Corte d’Appello Federica Prigoli nelle motivazioni con cui è stata confermata l’assoluzione del pregiudicato Luciano Maritan (difeso dall’avvocato Annamaria Marin) e dell’ex funzionaria comunale Eugenia Candosin (avvocati Piero Barolo e Carlo Alberto Tesserin) nel caso dell’affidamento dell’incarico di guardiaparchi conferito nel 2012 dal Comune di San Donà allo stesso Maritan, nipote del boss del Veneto Orientale Silvano, che però sarebbe stato solo 32esimo nella graduatoria.
I due erano già stati assolti dalle accuse di falso ideologico ed abuso d’ufficio in primo grado dalla gup Barbara Lancieri. Francesca Zaccariotto, invece, sta affrontando il dibattimento, su cui riferiamo nel pezzo a fianco. A presentare appello erano stati sia la pubblico ministero Carlotta Franceschetti che la difesa di Candosin.
La prima chiedendo la condanna di due imputati sostenendo che il procedimento presentasse «numerose irregolarità e violazioni di legge» e che «Candosin e Zaccariotto agirono allo scopo di attribuire a Maritan un vantaggio ingiusto, in spregio dei principi di imparzialità e trasparenza». La difesa di Candosin, invece, aveva chiesto alla Corte che, in relazione all’accusa di abuso d’ufficio, l’assoluzione fosse con formula “perché il fatto non sussiste” invece che “perché non costituisce reato”, sostenendo tra l’altro la legittimità del procedimento amministrativo.
Scrivono i giudici dell’appello che «Il profilo criminale di Maritan lo faceva ritenere - senz’altro discutibilmente - dall’amministrazione comunale, in particolare dal sindaco Zaccariotto, idoneo ad operare con efficacia deterrente in tale, stanti le personali capacità di rapportarsi con i malavitosi ed i soggetti ai margini della società frequentatori dei parchi comunali», evidenziando come «Tale finalità o movente del sindaco, perseguita tramite la dirigente Candosin, appare senz’altro discutibile, ma non costituisce di per sé un illecito».
E ancora che le indagini «non hanno fatto emergere elementi sintomatici di una volontà volta a perseguire un danno ingiusto o un vantaggio patrimoniale ingiusto per sé o per altri». Non c’è stato, insomma, dolo intenzionale. Stesse conclusioni, queste, a cui era arrivata la gup nella sentenza di primo grado. —
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