«Artigiani in crisi? Il turismo di massa non c’entra nulla»
L’ex sindacio Massimo Cacciari fa arrabbiare la categoria De Checchi: «Lo stimo, ma è un’analisi offuscata e ingiusta»
«La crisi dell’artigianato veneziano non è colpa del turismo. Smettiamola con questa storia. Semmai la colpa è degli artigiani che sonnecchiano, e della politica che non organizza». Massimo Cacciari lancia il sasso nella platea riunita per assistere alla consegna di un premio ai giovani artigiani veneziani innovativi. Lui fa parte della giuria, ma quando arriva il suo turno non rinuncia alla provocazione. «Se abbiamo 25 milioni di turisti meglio, la percentuale di chi può comprare oggetti costosi aumenta. Tocca a voi offrire cose di qualità. Ma smettiamola di dar la colpa al turismo. In tutte le città del mondo vorrebbero avere più turisti. Se Venezia non avesse avuto il turismo sarebbe come Civita da Bagnoregio».
Stavolta però la provocazione fa arrabbiare gli artigiani. Gianni De Checchi, segretario della Confartigianato, si fa scuro in volto. «È noto che stimo molto Massimo Cacciari e ne ammiro la lucidità di analisi», commenta, «ma la sua visione di Venezia in relazione al turismo mi sembra offuscata e tagliata con l’accetta. Ci ha spiegato in pratica che se gli artigiani a Venezia chiudono o non aprono perché non riescono a pagare 3500 euro per un buco di negozio è colpa loro, devono imparare a organizzarsi. E non di un mercato ormai drogato all’inverosimile. Trovo questa cosa profondamente fuori bersaglio e anche ingiusta. Prima di parlare, bisogna conoscere i dati». Lui, De Checchi, è uno dei rappresentanti di categoria più attivo sul fronte della denuncia. Le botteghe artigiane che chiudono perché non ce la fanno a pagare gli affitti, travolte da un mercato che vende souvenir di pessima qualità alla massa di turisti giornaliera. Mestieri che scompaiono, perché non ci sono gli apprendisti e non c’è nemmeno il mercato. Numeri che testimoniano della caduta verticale del tessuto socio-economico della città. Problemi che Cacciari affrontava quando era sindaco, a partire dai primi anni Novanta. Da allora la situazione è peggiorata. Con gli abitanti ridotti a 54 mila, i negozi di vicinato che chiudono, la trasformazione della città in albergo diffuso, con bar e cibi take away che aprono ovunque. Cacciari prende il fiato: «Non è colpa del turismo di massa, ma degli artigiani che sonnecchiano. E che spesso hanno un rapporto clientelare con la politica». De Checchi, che pure era un sostenitore di Cacciari, scuote la testa. «C’è un particolare: che un artigiano non ce la fa a pagare certi affitti, e nessuno ha mai messo regole e vincoli su questo. Le attività vengono espulse o muoiono in favore di quelle che vivono sul turismo di massa. È un fatto». Cacciari insiste: «Il turismo va organizzato, ma voi cercate la qualità». Aspetto rilanciato anche da Marino Folin, ex rettore Iuav, anch’egli giurato del premio Segalin. Dal professore arriva la seconda doccia fredda per gli artigiani presenti in sala. «Siamo stati molto delusi dalla qualità delle opere presentate in concorso», attacca, «non ci sono state creazioni originali e nuove. Il vostro mondo può fare di più, e avere maggiore coraggio. Il coraggio di credere nell’opera innovativa».
Polemiche che scuotono un mondo assediato dalla nuova «cultura» turistica. Difficile trovare negozi di articoli di qualità che resistono nel tessuto commerciale della città. Senza alcuna «rete» di protezione. Negli anni Novanta l’allora assessore Emilio Greco aveva lanciato una proposta di legge per applicare anche ai negozi tradizionali l’equo canone. Non se n’è mai fatto nulla.
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