Arrestato per l'omicidio Bari era teste in un delitto insoluto

Paolo Pozzobon aveva scagionato un sospettato per la morte di una pasticcera di Roncade, trucidata vent'anni fa
MESTRE. L'omicidio del pensionato mestrino Valerio Bari riaccende i riflettori sul delitto della pasticciera di Roncade, Sandra Casagrande. C'è un nome, infatti, che unisce i due casi. E' quello di Paolo Pozzobon, cameriere di 66 anni residente a Bonisiolo di Mogliano.


Secondo le accuse degli inquirenti è lui che il 30 giugno ha ucciso, con il complice Giorgio Gaggio il pensionato 75enne Valerio Bari. Ed è lui che nel 1991 entrò nell'inchiesta sull'omicidio della pasticciera Sandra Casagrande, come testimone per ricostruire gli spostamenti di uno dei principali indagati.


Paolo Pozzobon è ora agli arresti, accusato di omicidio volontario aggravato e rapina aggravata in concorso. L'uomo - sostengono gli inquirenti - avrebbe partecipato all'omicidio del pensionato di Carpenedo per impossessarsi del suo "tesoro": gioielli e poche banconote per un valore di 1.000 euro. L'anziano è stato abbandonato dagli assassini in una stradina laterale con un sacchetto di nylon in testa, una ferita non mortale al capo e quattro fazzoletti di carta infilati in bocca.


Vent'anni fa, il 29 gennaio del 1991, nella sua pasticceria di via Roma a Roncade, venne trovata la quarantaquattrenne Sandra Casagrande ammazzata con 22 coltellate e col cordone delle tende in gola. Un delitto - riaperto due anni fa dalla Procura di Treviso che confidava nelle possibilità offerte dalle nuove tecniche investigative - che non ha ancora un colpevole.


Gli investigatori trevigiani hanno passato al setaccio tutte le possibili piste, a cominciare da quella passionale e messo sotto torchio amanti, amici e conoscenti di Sandra. Tra loro l'impiegato mestrino L.G. "Pablo", all'epoca 41 anni.


A lui gli investigatori arrivarono dopo le segnalazioni di alcuni testimoni che avevano notato una Citroen bianca nei pressi dell pasticceria di Sandra Casagrande nelle ore del delitto. Grazie a quelle indicazioni gli inquirenti risalirono al mestrino, "intimo" di Sandra. L'impiegato si difese con forza, sostenendo che quella sera si trovava altrove: in un ristorante di Mestre con due amici che gli avevano tenuto compagnia durante la giornata.


I carabinieri convocarono i due amici per controllare l'alibi: uno di loro era appunto Paolo Pozzobon, all'epoca quarantaseienne. L'uomo, interrogato, confermò quanto sostenuto da Pablo: che quella sera stavano mangiando in un locale di Mestre e che nelle ore precedenti erano andati insieme a cercare un'auto da comprare.


Pablo uscì così dall'inchiesta, come vi uscirono gli altri indagati. Ora il nome di Pozzobon rispunta, con implicazioni assai diverse, in un altro fatto di sangue. E la Procura di Treviso - che ha delegato le indagini sulla riapertura del caso ai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria - ha fatto scattare gli accertamenti.


"Non c'è persona che non sia stata verificata - ha spiegato ieri il procuratore Antonio Fojadelli - Abbiamo fatto l'impossibile, i migliori investigatori del mondo non avrebbero fatto di più. Se errori sono stati commessi, essi risalgono a 20 anni fa, quando l'indagine venne avviata. In otto anni che sono a Treviso nessun omicidio è rimasto impunito e questo perché il massimo sforzo di concetrazione va fatto nella fase iniziale delle indagini".

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