Aronne, «caegher» che lavora in versi
Bottega a Rialto e poeta: «Il valore di essere fuori dal coro»
Rialto, calle De le do spade. Un tempo qui, oltre ai ristoranti, c'era anche uno spezier poi diventato negozio di surgelati, minimarket, PuntoSnai. Il tempo e la città che cambia. Inesorabile, checché se ne dica o voglia. Ma sempre nella stessa calle da tanto tempo c'è anche la bottega di un artigiano. Uno di quelli che è rimasto ancora e tiene duro. È una calzoleria, anzi la Clinica della scarpa. Il proprietario, ma storce il naso quando lo chiami proprietario, all'anagrafe si chiama Nerone Pagani, classe 1954. La mamma avrebbe voluto chiamarlo Francesco, ma alla fine quasi tutti lo chiamano Aronne. È arrivato in calle alla fine degli anni Settanta. «Prima ho fatto tanti lavori - racconta Aronne - Ho iniziato a lavorare a 14 anni, mi è capitato per caso di fare questo mestiere, el caegher. Avevo rilevato le attrezzature da un vecchio ciabattino andato in pensione. E così sono andato a scuola e contemporaneamente a fare il garzone di bottega dal vecchio Segalin. Poi ho camminato con le mie gambe». Ma Aronne non è il solito caegher. La sua passione è la poesia, l'arte. Le sue poesie sono appese lungo il muro della calle in prossimità del negozio. Le mette qui in bella mostra per sua scelta. In effetti sono tante le persone che si fermano a leggere. Se scrivesse un libro, per ironia i lettori sarebbero di meno. Anche chi non sa l'italiano si ferma a guardare. Se non altro per una foto che andrà a riempire l'album dei ricordi di chissacchì e dove. «Amo la poesia, le parole. Fare questo mestiere mi permette di prendere il mio tempo. Di poter dire ciò che penso, senza avere paura che qualcuno mi cacci. Non mi sono mai piaciuti i padroni. Io non sono un padrone, se non di me stesso. Solo così posso esprimere i miei sentimenti, socializzare, stare insieme alla gente. Solo un mestiere come questo poteva permettermelo». Aronne ha un concetto tutto socialista dell'arte applicata alla scarpa. «Io non faccio scarpe, le aggiusto e basta. Il mio vecchio maestro diceva che ero troppo pignolo e che un lavoro avrei dovuto farlo pagare troppo. Così ho preferito rivolgermi soprattutto a chi non ha la possibilità di comprarsi una scarpa nuova come e quando vuole. Anzi, qui da me chi ha meno paga meno. Magari con una scusa: oggi sei fortunato, sei il millesimo cliente, sconto del 50 per cento. Così chi non può si sente più dell'idea di accettare. Si sente meno triste. Come se anche a lui la fortuna ogni tanto arrivasse. Ricevere un sorriso è bellissimo». Anche se la gente lo riempie di allegria, il suo sogno è di andare a vivere in campagna, in un casolare. «Vivere la campagna è un'esperienza che ho già fatto e me ne sono innamorato. Ho studiato per anni la medicina alternativa, la natura mi affascina come l'umanità Entrambe mi danno energia, per la mia arte, in tutti i sensi». Un artigiano che continua a essere se stesso, come ama definirsi, senza ipocrisie, senza inseguire i grandi guadagni. «Spesso mi sento solo, fuori dal coro, ma lo considero un valore». Aronne, Francesco, Nerone professore della scarpa tra i tanti ciao, hallo, goodbye della giornata, continua a ricamare tra tacchi, suole e i versi della sua Venezia.
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