Appello per Walter, vive in un furgone e chiede una casa

Foto Agenzia Candussi /BARON / Mestre VIA CIRCONVALLAZIONE / MESTRE WALTER TALPO VIVE IN UN FURGONE PARCHEGGIATO AREA EX UMBERTO PRIMO.
Foto Agenzia Candussi /BARON / Mestre VIA CIRCONVALLAZIONE / MESTRE WALTER TALPO VIVE IN UN FURGONE PARCHEGGIATO AREA EX UMBERTO PRIMO.

MESTRE. Sette anni per strada. Poi in un furgone nel parcheggio del cimitero. Infine, sempre nello stesso furgone, nel parcheggio dell’ex Umberto I.

È la storia di Walter Talpo, 54enne di Marghera: un lavoro che non c’è più, un matrimonio finito e dei figli ormai grandi. È conosciuto dai senzatetto della zona come “San Walter”.

La sera sono in tanti a bussare alla porta del suo furgone – donatogli da una benefattrice – per chiedergli un pezzo di pane, the caldo o una coperta. «Se tu ora mi chiedessi di regalarti le mie scarpe io te le darei e andrei in giro scalzo».

La speranza l’ha trovata nella fede. «In passato non ero una persona buona, ma nel ’93 ho trovato la fede, ho espiato i miei peccati e sono cambiato. Ho imparato che se ho un pezzo di pane lo posso dividere. In molti mi chiedono perché faccia tutto questo, a me basta poco per vivere».

Quel che chiede è una casa: «Mi aiuterebbe a rialzarmi per poi cercare un’occupazione. So fare tante cose e vorrei lavorare nel sociale. Prima di finire per strada rottamavo il ferro. Dopo ho lavorato come spazzino: ripulivo viale Garibaldi e il parcheggio del cimitero dalle carte. Dove mi trovo ora, ho chiamato spesso i vigili per mostrare le tante siringhe lasciate dai ragazzi che si bucano la sera».

Una casa, quindi. Che in realtà a Walter era stata offerta: «Sfido chiunque a vivere lì dentro. Era una casa di accoglienza in via Spalti. Ma quando l’ho vista, ho detto che piuttosto di entrare là dentro sarei rimasto per strada per sempre. Era sporca, piena di tossicodipendenti che vivevano ammassati. Io non li giudico, ma ho una dignità».

Sono in tanti a voler bene a Walter e a fermarsi da lui per dargli una moneta, qualcosa da mangiare o per salutarlo: «La gente la prima volta che mi vede gira la testa dall’altra parte, il secondo giorno mi guarda e il terzo mi chiede di cosa ho bisogno. Alcuni stranieri a Natale mi hanno portato il panettone. E poi ci sono i senzatetto a cui do da mangiare: ma in cambio voglio che recitino una preghiera. Vado a Messa tutte le domeniche, ringrazio il Signore per avermi dato la vita. Ora vorrei solo una casa per avere una morte dignitosa. Quattro anni fa ho avuto un infarto. Sono sicuro che, quando non ci sarò più, Mestre mi ricorderà dedicandomi un monumento». —

 

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