Aperture domenicali «Subito un referendum»

Commercio, mozione proposta da Bonzio e firmata da numerosi consiglieri «Bisogna abrogare la liberalizzazione degli orari, il Consiglio deve esprimersi»
Di Marta Artico
Visita dell'On. Cimmino presso la SME di Marghera nella foto l'Onorevole con il direttore della SME Girolamo Carrer
Visita dell'On. Cimmino presso la SME di Marghera nella foto l'Onorevole con il direttore della SME Girolamo Carrer

Un referendum per abrogare la liberalizzazione di orari ed aperture domenicali e festive, previste dal decreto Monti. La mozione collegata alla delibera sul nuovo regolamento del commercio su aree pubbliche, è stata presentata ieri mattina dal consigliere Sebastiano Bonzio, di Federazione della Sinistra e andrà al voto nel prossimo consiglio comunale. Un documento trasversale, sottoscritto da diversi altri partiti tra cui il Pd, con Emanuele Rosteghin, Franco Conte e Davide Tagliapietra, ma anche Giuseppe Caccia e Camilla Seibezzi di In Comune, Andrea Renesto dei Federalisti Riformisti, Gianluigi Placella (grillini), Luigi Giordani (socialisti). «La nostra richiesta», spiega Bonzio, «va di pari passo con quanto sta avvenendo in Regione, una strada che stanno percorrendo diversi organi a più livelli, perché l’unione fa la forza in questo senso». Prosegue: «Venezia è uno degli epicentri del commercio, dove c’è una concentrazione di outlet e dove l’effetto delle aperture domenicali è marcato. L’effetto benefico della liberalizzazione e del sempre aperto sull’economia, non si sente affatto. L’anomalia evidente la dice lunga: se le aperture fossero un toccasana, com’è che i guadagni non sono significativamente aumentati? D’altro canto in Austria le aperture domenicali non ci sono e la grande distribuzione va addirittura meglio. Evidentemente è una questione di capacità di spesa. Da sempre intendiamo che la competenza in materia di commercio sia regionale ed a cascata, non è che l’apertura prima di Natale sia mai stata messa in discussione, ma un sistema h 24 sette giorni su sette è inutile».

«Ritegno sia giusto fare un referendum abrogativo delle norme, chiedere l’espressione diretta della gente», spiega Camilla Seibezzi, «proprio perché sono convinta sia corretto dare sempre più spazio alle sollecitazioni che provengono dal basso, proporre temi e questioni che arrivano dal territorio e che toccano la gente, creare delle forme palesi di sottolineatura dei bisogni e delle emergenze».

«O facciamo una politica per tutelare il piccolo commercio», commenta Renato Boraso, «nel rispetto dei valori della famiglia, altrimenti se difendiamo solo le grandi attività, dove andiamo a finire? Svuoteremo i centri abitati? Senza contare poi che c’è chi ci lavora, che ha sempre meno diritti. Quali sono le politiche che possiamo mettere in atto? L’apertura domenicale ha determinato la diminuzione del costo dei beni venduti?».

Primo fautore della mozione, è il consigliere regionale, Pierangelo Pettenò: «Sto raccogliendo adesioni sulla scorta di un provvedimento approvato in Abruzzo, con lo stesso testo. Se non modificano la legge in Parlamento (dove ci sta lavorando una commissione di cui fa parte anche l’onorevole Luciano Cimmino, lunedì a Venezia ndr), l’altro strumento che abbiamo è quello del referendum, che deve essere richiesto da 5 consigli regionali». Conclude: «La battaglia è quella portata avanti da Confesercenti e appoggiata dalla Cei, i dati dicono che i fatturati non sono aumentati, le difficoltà dei lavoratori invece sono lievitate, pertanto ci sembra che le aperture a tutti i costi siano solo un furore ideologico».

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