Antitrust: "La tassa su Airbnb porta più danni che benefici"
L'autorità per il mercato ha segnalato a governo e Parlamento le possibili ricadute negative per i conumatori dall'applicazione della cedolare secca al 21% sugli affitti brevi
The Airbnb Inc. application and logo are displayed on an Apple Inc. iPhone and iPad in this arranged photograph in Washington, D.C., U.S., on Friday, March 21, 2014. Airbnb Inc. is raising money from investors including TPG Capital in a financing round that would value the room-sharing service at more than $10 billion, said people with knowledge of the deal. Photographer: Andrew Harrer/Bloomberg via Getty Images
VENEZIA. La cosiddetta tassa Airbnb, cioè la cedolare secca sugli affitti brevi al 21% introdotta con la manovra bis, “appare potenzialmente idonea ad alterare le dinamiche concorrenziali tra i diversi operatori, con possibili ricadute negative sui consumatori finali dei servizi di locazione breve” . Pur riconoscendo che l’obiettivo della norma è “contrastare il fenomeno dell’evasione” , l’Autorità Antitrust prende posizione sul tema in una segnalazione ai presidenti di Camera e Senato, al ministero dell’Economia e all’Agenzia delle Entrate.
La tassa sugli affitti brevi, introdotta nella manovra correttiva di primavera, prevede tra l’altro che gli intermediari immobiliari – che siano portali online o agenzie tradizionali attive nel mercato degli affitti turistici – raccolgano le tasse dovute dai proprietari di casa e trasmettano i relativi dati all’Agenzia delle Entrate.
Nella segnalazione, l’Autorità premette di essere “pienamente consapevole che l’intervento del legislatore mira a realizzare un interesse pubblico di natura fiscale e a contrastare il fenomeno dell’evasione. Tuttavia – precisa – l’introduzione dei suddetti obblighi non appare proporzionata rispetto al perseguimento di tali finalità” , che potrebbero “essere perseguite altrettanto efficacemente con strumenti che non diano al contempo luogo a possibili distorsioni concorrenziali nell’ambito interessato”. Tra l’altro, rileva ancora l’Antitrust, la norma rappresenta “un unicum nell’ambito del panorama europeo”.
In particolare, scrive l’Autorità, la misura rischia di “scoraggiare, di fatto, l’offerta di forme di pagamento digitale da parte di piattaforme che hanno semplificato e al contempo incentivato le transazioni online, contribuendo a una generale crescita del sistema economico”. Il rischio è dunque che si alteri la concorrenza tra i gestori dei portali telematici, “a discapito di coloro che adottano modelli di business fortemente caratterizzati dal ricorso a strumenti telematici di pagamento”.
E secondo l’Autorità, questo “potenziale minor ricorso delle piattaforme telematiche a forme digitali di pagamento nell’ambito delle locazioni brevi potrebbe penalizzare i consumatori finali conducendo a una minore ampiezza e varietà dell’offerta, nonché avere un possibile impatto negativo sulla domanda stessa”.
Il suggerimento è che la disciplina si limiti “a prevedere misure meno onerose per i soggetti coinvolti” , come “la previsione di un obbligo fiscale di carattere informativo in capo agli intermediari e ai gestori di piattaforme immobiliari telematiche” , che sarebbero così tenuti a comunicare all’Agenzia delle Entrare – a una cadenza da definire – il flusso delle prenotazioni raccolte.
L’Antitrust auspica infine che i suoi rilievi – non vincolanti – “siano tenuti in adeguata considerazione” in particolare in riferimento alla norme sugli affitti brevi e “in occasione dei futuri interventi normativi” sull’economia digitale.
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