Andrea, l’ex manager diventato buddista durante la pandemia

MESTRE. Pomaia è un piccolo borgo in collina nel cuore della Toscana: sta in provincia di Pisa, ma è più vicina a Livorno. Accoglie il più importante centro del buddismo tibetano d’Italia, associato all’Ubi (Unione buddista italiana). Da qualche settimana direttore di questo monastero – che tiene corsi, ospita residenze, accoglie pellegrini – è il mestrino Andrea Serena, 55 anni, laurea in filosofia, un passato da manager in diverse aziende del Nordest e una lunga esperienza di approfondimento del buddismo consumata attraverso viaggi in Oriente, percorso di studi e corsi di approfondimento.
Il suo nome, nella comunità buddista, è Tenzin Sandup, che significa “detentore di saggezza”. Da quando è iniziata la pandemia, questo centro raccoglie un sempre maggior numero di persone: che vogliono capire, approfondire, riflettere. In questo colloquio, Tenzin alias Andrea racconta per quali ragioni questa pandemia può essere l’occasione per una rigenerazione spirituale.
Che cosa rappresenta Pomaia per il buddismo?
«L’Istituto Lama Tzong Khapa, associato all’Ubi, è un Centro internazionale per lo studio e la pratica del Buddismo tibetano di tradizione Mahayana rinomato per l’eccellente qualità dei suoi programmi di studi avanzato. Lo scopo di tutte le nostre attività è quello di offrire la possibilità di sviluppare le potenzialità umane di gentilezza amorevole, compassione e saggezza, insite in ciascuno di noi. Un luogo stimolante per condividere le proprie esperienze e sviluppare le qualità interiori. Uno spazio dove poter trovare la risposta alla domanda: come posso avere una vita felice?»
Il suo incarico giunge dopo una lunga carriera di manager in diverse aziende. Come è arrivato a questa scelta, anche di vita?
«È come se le diverse fasi della mia vita si fossero unite allo scopo di svolgere questo impegnativo incarico. Risorse umane, controllo di gestione, sostenibilità ambientale, filosofia sono tematiche che nella gestione dell’Istituto Lama Tzong Khapa sono all’ordine del giorno. Per avere una visione d’insieme e coordinare le diverse attività del Centro è necessario sapere su come agire e su cosa si sta agendo».
Sulla pandemia. Che cosa ha notato di diverso da prima nelle persone che si rivolgono al centro buddista?
«Potrei affermare che prima della pandemia le persone si avvicinavano a sé stesse con lo studio e la meditazione per un interesse spirituale ed intellettuale. Ora, sento sempre più persone che mi dicono: “non vedo l’ora di stare lì una settimana…”, significa che siamo passati dalla ricerca al vero e proprio bisogno».
Come il buddismo spiega questo tempo e come soprattutto suggerisce di affrontarlo?
«In accordo con le più recenti scoperte scientifiche, nel buddismo si afferma che i fenomeni si manifestano per cause e condizioni, in un tutto interdipendente ed impermanente. Secondo la tradizione del buddismo tibetano la ricerca della felicità avviene attraverso la pratica dei tre addestramenti superiori: Etica, Concentrazione e Saggezza. Una parte indispensabile del sentiero buddista è la pratica della meditazione, il cui scopo è trasformare la propria mente, tramite un’abile e graduale attenuazione delle componenti dannose e l’incremento di quelle benefiche. Come esseri umani abbiamo un immenso potenziale inutilizzato che la meditazione può aiutare a sviluppare diventando un metodo per coltivare una pratica spirituale e insieme sostenere la salute fisica e mentale».
Chi pagherà maggiormente le conseguenze di questo terremoto emotivo? I giovani? Gli anziani? Tutti indistintamente?
«Siamo una grande famiglia: il Dalai Lama, riferendosi all’Umanità intera, parla della Famiglia umana, nella quale ognuno dovrebbe prendersi cura dell’altro in un contesto di unità. Tutti in misura diversa abbiamo sofferto e stiamo ancora soffrendo per la pandemia, ma le persone sole e materialmente meno abbienti sono le più colpite in questo difficile momento nel quale è molto facile sviluppare un senso di solitudine e di frustrazione».
Dopo la pandemia saremo diversi da prima? Migliori o peggiori?
«L’impatto della pandemia è devastante dal punto di vista economico ed emotivo, ma potrebbe essere anche l’occasione per rivedere la nostra scala di valori. La biologia viene prima dell’economia: se sono malato non posso godere di nessun bene materiale. Abbiamo, anche, cominciato a riflettere e comprendere quale sia il valore d’uso e quale sia il valore di scambio delle cose. Comunque, con un senso di appartenenza, di fiducia ed una sana spiritualità, ognuno con il proprio credo, ci può aiutare a superare questo terribile momento di crisi, che come ci esorta Sua Santità il Dalai Lama, possa essere di ispirazione per “trasformare in opportunità anche le circostanze più avverse”».
Venezia appare in questo tempo svuotata e deserta: senza turisti, con pochi abitanti, le attività chiuse. Come si può risollevare questa città?
«Se dovessi sintetizzare la risposta in una sola parola direi: sostenibilità. Intesa come un processo che comprenda gli ambiti sociale, economico ed ambientale nell’ottica di sfruttare le possibilità che abbiamo. Tenendo ben presente due concetti: il primo che tutto è interconnesso, il secondo che ciò che noi facciamo oggi non debba avere conseguenze negative per le generazioni future». —
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