Anche in carcere Moraglia apre la Porta della Misericordia
Portoni blindati, finestre sbarrate, mura inaccessibili circondate da ingenti forze di sicurezza. Il Patriarca Moraglia, ieri, si è recato nel carcere circondariale maschile di Santa Maria Maggiore dove ha aperto la Porta della Misericordia. Era stata incorniciata da un gruppetto di islamici con uno striscione giallo stampato in più lingue (italiano, francese, inglese, spagnolo, rumeno): “Io sono la Porta: chi passa per me sarà salvo”.
È stata una cerimonia semplice e toccante, punteggiata di gesti coerenti con il messaggio del Giubileo voluto dal Papa: un detenuto ha letto l’inizio della Bolla di indizione, il Patriarca si è accostato alla Porta, spalancandola, poi si è inginocchiato in preghiera. Nella cappella, in un angolo era collocato il presepe di fiammiferi bruciati allestito dai detenuti, lo attendeva un giovane mondo poliglotta. Ora in carcere si trovano 219 reclusi, 119 stranieri, 90 italiani. In mezzo ai detenuti, nelle file centrali, anche l’ex assessore regionale Renato Chisso coinvolto nell’inchiesta sulle tangenti per il Mose e rinchiuso lo scorso giovedì nell’istituto penitenziario dopo la revoca degli arresti domiciliari perché ritenuto “socialmente pericoloso”: dovrà scontare nove mesi.
Poi il Patriarca ha celebrato la messa con numerosi sacerdoti, compreso padre Avran Matei della comunità ortodossa romena, diaconi, un seminarista e animata con i canti in italiano, in ebraico e la preghiera ortodossa. Nell’omelia il Patriarca ha indicato strade da inseguire quali la lettura, lo studio, la preghiera: «Il carcere deve diventare un luogo di speranza, uno spazio di investimento, di rigenerazione del futuro, un tempo di spiritualità, Non dovete e non potete uscire come siete entrati; la pena deve aiutare ed essere educativa e non afflittiva».
Il Patriarca ha sottolineato il tema della giustizia giusta, del rispetto, dell’amicizia, della libertà e ha invitato i detenuti «a prendere le distanze dai guadagni facili». Daniele, in carcere dallo scorso luglio, ha raccontato disperato la sua storia: l’abbandono della moglie, il viaggio in un continente lontano, la storia con un’altra donna, la nuova attività di formaggio stagionati, il furto subito, i risparmi di una vita, i debiti incalzanti, il nuovo lavoro: traffico internazionale di cocaina. Beccato al primo volo all’aeroporto Marco Polo di Tessera con 2,5 chilogrammi di polvere bianca. È seguito un dialogo fraterno tra il Patriarca e gli ospiti e la consegna ai sacerdoti di doni confezionati con materiale riciclato pvc dai detenuti della Cooperativa Rio Terà dei Pensieri che dà lavoro a 15 ospiti. Il Patriarca ha ricevuto uno zaino, il cappellano don Antonio Biancotto un portadocumenti.
La direttrice Immacolata Mannarella ha ringraziato il presule per la visita: «Questo suo dono rimarrà nei nostri cuori». All’esterno del carcere il Patriarca, sollecitato, ha parlato della giustizia giusta, cioè rispettosa dell’uomo e con opportunità lavorative. Sulla proliferazione dei centri commerciali ha detto: «Deve esserci un atteggiamento diverso, non esiste più la vita familiare normale e serena». Infine un cenno alle banche: «Ricevo mail e sono in contatto con don Enrico Torta. Bisogna cercare di tutelare al meglio le possibilità di recupero di situazioni finanziarie da parte dei soggetti che stanno perdendo tutto. Ci sono vie giuridiche per garantire il possibile ritorno degli investimenti». Martedì 5 gennaio il Patriarca aprirà la terza Porta della Misericordia nel carcere femminile della Giudecca.
Nadia De Lazzari
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