Anche Airbnb costretta a versare la cedolare secca del 21 per cento
Appartamenti turistici, il portale deve trattenere per l’Erario le tasse sugli affitti: a Venezia, oltre 4 mila Il Comune: «Per l’imposta di soggiorno facciamo da soli». Le ricadute su residenza e imprenditori
Il recente parere del Garante della concorrenza a favore di Airbnb non “salverà” la piattaforma dall’onere di farsi sostituto d’imposta dei proprietari di appartamenti che affittano ai turisti e di versare direttamente nelle casse dell’Erario il 21% delle locazioni che transitano sulla sua piattaforma. Una norma di grande impatto nella “patria dell’affitto turistico” qual è diventata Venezia. Ma per quanto riguarda l’imposta di soggiorno, il Comune continuerà a far da sé, attraverso il suo portale.
La querelle giudiziaria.
Airbnb non ne vuol sapere di diventare “esattore” della cedolare secca sugli affitti turistici, come disposto dall’Agenzia delle Entrate e come invece già fanno altri mediatori immobiliari, come la veneziana Agata, associazine degli operatori delle locazioni turistiche. Airbnb ha, invece, presentato ricorso al Tar e all’Antitrust. Nelle scorse settimane, i giudici del Lazio hanno respinto la richiesta di sospensiva avanzata da Airbnb Ireland Unlimited Company, che dunque dovrà incassare le imposte per conto dello Stato, in attesa della sentenza di merito. Un’ordinanza che supera in autorità il recente parere con il quale il Garante per la Privacy ha, invece, accolto le obiezioni del portale, ritenendo l’ordine delle Entrate «potenzialmente idoneo ad alterare le dinamiche concorrenziali tra i diversi operatori, con possibili ricadute negative sui consumatori». Per il Tar, al contrario, «i denunciati effetti distorsivi della concorrenza, derivanti dall’imposizione degli obblighi di versamento della ritenuta, sono, per quanto riguarda il rischio di perdita di clientela a favore di altri concorrenti, meramente eventuali». Per concludere che - pur in attesa della sentenza di merito - «nella comparazione tra i diversi interessi pubblici e privati, appare prevalente l’interesse pubblico al mantenimento degli effetti del provvedimento, al quale altri operatori del mercato si sono già adeguati». La prima scadenza per i versamenti di luglio e agosto è stata il 16 ottobre.
Numeri impressionanti.
Chi affida il proprio appartamento a Airbnb (o altri mediatori) si vedrà l’affitto decurtato del 21%. Sulla piattaforma del Comune per il pagamento dell’imposta di soggiorno, sono registrati 3549 appartamenti. Sul sito Venice Project - elaborato nell’ambito del corso del professore veneziano Fabio Carrera al Worcester Polytechnic Institute - gli appartamenti ieri offerti su Airbnb nella sola Venezia erano 3949, più 391 nelle isole.
Il Comune: «Facciamo da soli».
Pur mettendo nel conto l’evasione di una parte di locatari, Ca’ Farsetti continuerà ad incassare da sola l’imposta di soggiorno attraverso il proprio portale: dei 30,5 milioni attesi per quest’anno, solo una piccola percentuale deriva dagli appartamenti, nonostante i grandi numeri, che tanto sottraggono case alla residenza. «L’evasione zero è un obiettivo che perseguiamo, ma oggettivamente difficile», commenta l’assessore al Bilancio Michele Zuin, «i controlli crescono e anche gli incassi, ma in questa incertezza giuridica, preferiamo fare da soli. Il tavolo con Airbnb non è mai decollato, si è bloccato nel momento in cui continuano a chiedere un’imposta unica, impossibile: non posso non distinguere tra Venezia e Mestre o le isole, come la stagionalità»
Reset
. «Che emerga l’evasione è certamente importante e che una piattaforma lo faccia in veste di sostituto d’imposta in ambito nazionale, è utile. Però il problema ai fini della ricaduta di quest’enorme offerta turistica sulla residenza - espulsa ora anche da Mestre e Marghera - è un altro», commentano Emanuele Dal Carlo e Francesco Versace, dell’associazione Reset che da anni studia il fenomeno Airbnb, «la cedolare secca al 21% è un dato, ma la nostra proposta prevede che chiunque affitti per più di 90 giorni debba farlo dotandosi di partita Iva, perché è evidente che fa impresa, soprattutto quanto gestisce più appartamenti: è un’azienda e come tale deve pagare le imposte».
Imprenditri contro Airbnb.
«Noi paghiamo la cedolare secca per i nostri clienti già da luglio», congerm da parte sua Massimo Maccatrozzo, dell’associazione Agata degli operatori delle locazioni turistiche, «Concorrenza sleale? Dovremmo ricorrere noi, gestori con partita Iva, rispetto ai proprietari che oggi operano in regime di esenzione delle tasse, pubblicizzando le loro locazioni su portali come Airbnb. Versare la cedolare comporta comunque un onere: ben dice l’Antitrust che un atto dichiarativo e il pagamento successivo sarebbe stato la scelta migliore».
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