Alunni 2.0 alle elementari il tablet entra in classe

La rivoluzione digitale a scuola parte dall’Istituto Goldoni. L’inaugurazione con il dirigente scolastico Bustreo e il sindaco Barbiero

MARTELLAGO. Il futuro è già qui, ed è racchiuso nelle piccole mani di venti bimbi della prima elementare dell’Istituto Goldoni, che scivolano velocemente e senza neanche domandarsi quale mutazione collettiva nella catena del Dna abbia consentito una simile manualità, da una App all’altra dello schermo dei tablet in dotazione alla classe, che d’ora in poi saranno il centro gravitazionale dell’insegnamento che li accompagnerà fino alla quinta.

La rivoluzione digitale è iniziata da loro ieri mattina: davanti a una platea di genitori un po’ invidiosi che l’oggetto del desiderio degli adulti finisse nelle mani dei figli, il dirigente scolastico Gian Paolo Bustreo assieme al sindaco Monica Barbiero, ha consegnato ai bambini entusiasti il tablet fiammante nella sua custodia. La giornata è stata resa possibile grazie a insegnanti che in controtendenza con la scuola italiana, la rivoluzione digitale la cavalcano, e hanno fatto sì che i loro alunni esprimessero l’istinto con cui nascono, quello che rende per loro la cosa più normale al mondo allargare una immagine con le dita e rimpicciolirla facendo il movimento inverso. Un mix esplosivo, che vede l’impegno di un comune che crede nella sua scuola e di un imprenditore illuminato, il presidente della Novarex Bruno Martino, che ha scelto di finanziare il progetto.

Erica Francalanci, è la docente della classe, ama tutto ciò che è 2.0, sguazza nell’innovazione e si è auto formata, tanto da diventare “animatore digitale”. «Quello che vogliamo è rendere la scuola il luogo delle possibilità, per questo abbiamo iniziato a usare Snappet, una piattaforma chiusa nata in Olanda che si avvaleva del tablet per insegnare ai bambini una serie di esercizi e proponeva una sperimentazione con macchine in affitto, ma che non consente di usare molti dispositivi, scaricare materiale, usare Google Earth».

Un sistema limitato. Una volta terminata la sperimentazione, il passaggio a veri tablet. «I piccoli sono gli utenti migliori, oggi c’è paura della rete, dei social, perché non c’è una forte educazione a questo mondo, i bambini nascono sapendo come si allarga una immagine col dito e mi meraviglio che non lo facciano sui testi di carta, con il tablet vogliono giocare e conoscere». Detto fatto. I tablet che oggi gli alunni stringono tra le mani, consentono di fare foto, video, i bambini già usano il foglio di google drive per scrivere, possono comporre testi a più mani, esercitarsi, fare i compiti in classe, i tablet comunicano tra loro e con la lavagna multimediale.

La prima volta che una bimba l’ha preso in mano, ha aperto sketch, il programma per disegnare, poi ha fatto una foto al compagno di banco e si è messa a elaborare l’immagine del suo “school mate”, lasciando di sasso la maestra. A un adulto servono tre corsi serali per fare uguale. I libri tout court rimarranno, assicura la docente, male le risorse 2.0 sono moltissime.

L’insegnante che mastica il digitale ha bloccato Facebook e social, tutto ciò che attiene a droga e alcool, così come i playstore, se i bimbi avranno voglia di giocare, installeranno assieme alla maestra i giochi più adatti. Quest’ultima dal Pc potrà controllare quante ore i suoi alunni passano allo schermo e l’utilizzo che ne fanno. Un lavoro a tempo pieno, mosso dalla passione. Con i loro tablet, i bambini digitali parteciperanno anche ai laboratori che l’Apple Store della Nave De Vero organizza a cadenza fissa.

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