All'oasi Lipu di Marcon è arrivato il magnifico Ibis Sacro

L'area protetta si conferma un "autogrill" per gli uccelli migratori, che però saranno controllati perché potrebbero predare le specie autoctone
Ibis Sacro nell'oasi naturalistica di Marcon, gestita dalla Lipu
Ibis Sacro nell'oasi naturalistica di Marcon, gestita dalla Lipu

MARCON. La laguna di Venezia riserva sorprese naturali preziose. Così all'oasi Cave Gaggio di Marcon - gestita (con grande volontariato) dalla Lipu da quasi trent’anni - negli ultimi giorni sono arrivati nuovi ospiti: splendidi esemplari di ibis sacro (Threskiornis eathiopicus). Che però sono dei predatori e potrebbero mettere a rischio la sopravvivenza di anfibi e rettili della laguna di Venezia, per proteggere i quali è stata creata l'oasi, che  si conferma così uno scrigno di biodiversità e un luogo, tra i migliori, per fare fotografie e birdwatching nel nostro territorio e subito sono arrivati gli appassionati.

"L’ibis sacro non è certo l’uccello più comune da vedere dalle nostre parti", conferma lo staff della Lipu Venezia, "è  infatti una specie controversa e, se da un lato, è un grande animale molto vistoso e elegante con il suo piumaggio bianco e nero e il curioso becco lungo e ricurvo, dall’altro è una specie di origine afrotropicale alloctona (contrario di autoctona) nel continente europeo e anche in Italia".

Ibis Sacro nell'oasi naturalistica di Marcon, gestita dalla Lipu
Ibis Sacro nell'oasi naturalistica di Marcon, gestita dalla Lipu

Classificata nidificante naturalizzata  in Italia soltanto negli ultimi anni (come da ultima check list degli uccelli italiani aggiornata al 2014, P. Brichetti e G. Fracasso e pubblicata sulla Rivista Italiana di Ornitologia nel 2015,) con soprattutto presenze in pianura padana lungo l’asta del fiume Po e nelle macro aree umide costiere.

"Di origine aufuga dalla Francia (cioè è scappata da collezioni private, voliere o parchi) ed ora è nidificante in Italia", commentano gli esperti, "in questi ultimi anni la sua popolazione si è espansa sul nostro territorio secondo due direttive principali. La prima si allarga dall’asta del Po nella pianura padana e la seconda risale la fascia costiera alto adriatica in Veneto. Dapprima tale espansione ha interessato la laguna di Venezia. L’anno scorso infatti una decina di esemplari sono rimasti vari giorni davanti a San Giuliano, nell’omonima isola e ora si registrano presenze anche nella Laguna di Caorle. Si assiste poi, in questi ultimi anni, ad un espansione verso le aree interne. Questa specie desta particolare attenzione da parte dello staff scientifico e dei volontari, in quanto risulta essere un predatore di anfibi, rettili, pesci e pulcini di uccelli. In questi giorni e in quelli a venire la presenza dei 3/5 esemplari all’oasi LIPU Cave di Gaggio verrà quindi costantemente monitorata".

È infatti assodato che nell’oasi sono presenti specie di anfibi rari di alto interesse conservazionistico che potrebbero essere predate proprio dall’ibis. Quelle stesse specie per cui più di trent’anni fa è stata dichiarata oasi di protezione e riposo biologico tale area.

Ibis Sacro nell'oasi naturalistica di Marcon, gestita dalla Lipu
Ibis Sacro nell'oasi naturalistica di Marcon, gestita dalla Lipu

Quello che è certo è che ancora una volta l’oasi delle cave di Gaggio a Marcon si è rivelata una tappa importante negli spostamenti degli uccelli: " Da molti decenni ormai le poche aree umide della nostra pianura fungono da veri e propri autogrill lungo i percorsi migratori degli uccelli", proseguono i volontari della Lipu, aggiungendo una nota polemica, "Queste stesse oasi “nel deserto” ultimamente sono scelte da molti uccelli anche per insediarvisi in modo stabile. La scarsità di queste aree fa sì che le si debba difendere in tutti i modi per garantire alla biodiversità di trovare delle zone da cui poi irradiare verso i territori limitrofi con enormi ricadute benefiche su questi. La nostra pianura è stata resa un vero e proprio deserto biologico a causa di pratiche agricole andate di gran “moda” dagli anni ’60 in poi (oggi per fortuna in lenta via di riconversione verso forme meno impattanti). Sono state eliminate le siepi, i boschetti e le aree umide, per una supposta maggiore produttività (supposta perché con la perdita di tutte queste valenze ecosistemiche si è ottenuto un progressivo inaridimento dei suoli). Se aggiungiamo la costante avanzata della cementificazione, sotto forma di quartieri invenduti o capannoni, oggi abbandonati, capiamo che il viaggio degli uccelli dai siti di svernamento a quelli di riproduzione, è una lunga trasvolata sul nulla, interrotto solo da qualche area (oasi appunto) dove fare sosta e rifocillarsi".

È possibile visitare l'asi, con guide qualificate.

 

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