Alla scoperta degli squeri di Venezia. Gli itinerari poveri per rilanciare la bellezza
VENEZIA. «Venezia oggi offre la bellezza che ha ereditato. Ma non ne produce più. Noi vogliamo rilanciare la sapienza artigiana di questa città». Così Gianni De Checchi, segretario della Confartigianato veneziana, presenta l’ultima iniziativa sul rilancio della cantieristica veneziana. Itinerari in barca a remi alla riscoperta dei luoghi della produzione di barche: gli squeri. Due attori, Paola Brolati e Charly Gamba, un grafico (Fabio Santin) e le barche messe a disposizione dall’associazione Arzanà.
L’iniziativa
Il primo esperimento, domenica 2 dicembre, con l’apporto della Municipalità di Venezia e dell’associazione Mont de vie. Itinerario da San Marcuola allo squero Casal ai Servi, passando per Santa Fosca, Madonna dell’Orto, Abbazia. «Itinerari «poveri», per provare a ricercare un turismo di livello legato alla vita della città», spiega De Checchi,«soprattutto per spiegare la storia millenaria, e i legami di questa città con la gente di montagna».
Molti degli artigiani che hanno fatto grande Venezia provenivano dalle montagne del Cadore e in particolare dalla val Zoldana. Nei primi decenni del Settecnto gli apprendisti squerarioli addetti alla costruzione delle gondole vengono per la metà proprio da Zoldo. Così ieri mattina nello squero Casal ai Servi, a Cannaregio, l’iniziativa è stata illustrata nei dettagli.
Il legame con la montagna comincia nel XIII secolo, quando Venezia si rivolge per le sue necessità di legname ai boschi delle Dolomiti. Il legno per le fondazioni, i milioni di pali su cui poggiano le case lagunari; i legni per la costruzione delle galee all’Arsenale, la più grande fabbrica d’Europa. E infine gli alberi del Cansiglio, il «perfettissimo bosco da reme» appunto per costruire i remi.
Il legname
Il legname veniva trasportato in laguna dagli Zattieri e arrivava ai Magazzini del Sale (le «Zattere») e in Sacca della Misericordia. Molti di queglizatieri si fermavano in laguna per imparare l’arte dei costruttori di barche. Nella seconda metà del Settecento la famiglia Casal impianta a Venezia, di fronte alla chiesa gotica dei Servi, lo squero, che acquisteranno un secolo dopo. Le rifiniture delle gondole vengono affidate a un altro montanaro, stabilitosi a San Tomà: lo scultore zoldano Valentino Panciera Besarel». Oggi lo squero è la sede dell’associazione Arzanà, presieduta da Giorgio Supiej, che recupera le barche a remi d’epoca.
La scuola
Obiettivo ultimo di queste iniziative «letterarie» è quello di recuperare una tradizione che si sta perdendo. «Oggi gli squeri attivi si contano sulle dita di una mano», dice De Checchi, «non possiamo tornare al settecento, ma dobbiamo farli ripartire. Occorrono finanziamenti per creare nuovi allievi e futuri nuovi maestri».
Una scuola rimasta attiva fino al 2011, che ha sfornato artisti del calibro di Silvia Scaramuzza, la prima donna squerariola, maestri come Christian Dordit, Giovanni Da Ponte, Maurizio Agabitini. E il docente fiorentino naturalizzato veneziano Matteo Tamassia. Proprio Tamassia ha in questi giorni accettato la sfida e ripreso l’attività di costruzione di gondole nello storico squero dei Tramontin agli Ognissanti. Per anni è stato l’allievo di Roberto Tramontin, scomparso pochi giorni fa all’età di 64 anni. E adesso la figlia Elena ne vuole continuare l’opera. Ma anche in presenza di molti maestro d’ascia il futuro della cantieristica è a rischio se non arriveranno norme che tutelino l’artigianato, sempre più minacciato dalla plastica. «Chiediamo attenzione», dicono gli artigiani, «chi ha una barca in legno deve essere incentivato». Invece nulla di tutto questo. La barca in legno, tradizionale e più adatta anche ad assorbire le onde, non ha sconti rispetto agli scafi in plastica. I divieti – in qualche caso assurdi, come quello per il Canal Grande – valgono per tutti. Anche i taxi sono per la gran parte costruiti in vetroresina. E gli artigiani scompaiono.
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