Alla Mostra del Cinema è il George Clooney's Day

VENEZIA. Presentazione trionfale per George Clooney del suo "Suburbicon", in concorso a Venezia74: applausi dei giornalisti la mattina, l' "assalto" di fan, curiosi, cacciatori di autografi lungo il red carpet serale, dove ha conquistato la scena mano nella mano con la moglie Amal.
"Amo Venezia e la rispetto", ha detto al sindaco Brugnaro prima di entrare in sala, "e invito tutti a farlo".
Al Lido è il giorno di George Clooney e del suo "Suburbicon", con Matt Damon e Julianne Moore, applaudito in sala dai giornalisti e salutato con un'ovazione in Sala Grande
"Oggi c'è una nuvola nera sull'America. Tutti nel Paese sono arrabbiati al massimo", ha detto Clooney, presentando il suo film ai giornalisti, in una sala stampa gremita, "arrabbiati su come il Paese sta andando. Mentre giravamo sentivo discorsi elettorali che parlavano di muri da alzare e di come rendere forti e grandi gli States. Queste problematiche purtroppo non sono mai morte negli Usa".
È stato in tutto e per tutto il Clooney's Day alla Mostra del Cinema, con un Clooney star e "politico".
"Dai suoi ultimi film si direbbe che si prepara a candidarsi ad essere il prossimo presidente degli Stati Uniti d'America, contro Trump: le piacerebbe?", domanda un giornalista a George Clooney al termine della conferenza stampa. «Potrebbe essere divertente, farei comunque il tifo per qualsiasi altra persona volesse farlo», la risposta divertita.
George e Amal Alamuddin sono così tornati a Venezia insieme a tre anni dal loro matrimonio in laguna.
L’attore e regista è arrivato giovedì notte con la moglie Amal con cui ha cenato al Daniel: alloggiano al Cipriani alla Giudecca dove sono arrivati con i gemelli Ella e Alexander per i quali sono state persino confezionate due piccolissime magliette da gondoliere. Venerdì sera, a cena - come per ogni sua tappa veneziana - "da Ivo", insieme all'amico Matt Damon.
Dopo il red carpet e la presentazione ufficiale del film, festa ai Granai della Giudecca con menù italianissimo.

Il film. In questa commedia-thriller scritta dai fratelli Coen , Clooney ci porta nel 1959, nel caramellato quartiere di Suburbicon, ispirato al centro di Levittown (Pennsylvania), dove gli americani difendono la loro identità bianca alzando muri. E questo quando arriva una famiglia di colore, i Meyers, che mette tutto in subbuglio tutta la comunità. Ma il vero problema nel quartiere è quello che accade nella famiglia di Gardner Lodge (Matt Damon), impacciato capofamiglia che vive con la moglie paralizzata, Margaret (Julianne Moore), la sorella di lei (ancora la Moore), e il figlio adolescente Nick (il bravissimo Noha Jupe).
«Sono cresciuto durante gli anni dei diritti civili, ma il nostro vero peccato originale è la schiavitù - aggiunge Clooney, qui al Lido insieme alla moglie Amal e i due figli gemelli di tre mesi -. Ora continuiamo a guardare nella direzione sbagliata, diamo la colpa alle minoranze, ma queste non hanno nulla a che fare con i nostri problemi. Non a caso - aggiunge il regista-attore - ho messo al centro di Suburbicon questa famiglia bianca e folle, per far capire che allora, come oggi, si è guardato nella direzione sbagliata».
Clooney comunque, da sempre impegnato nelle battaglie sui diritti civili, non cita mai direttamente Trump e anzi smentisce, con un certo stile, di parlare davvero del presidente Usa quando gli viene chiesto: «Non è un film su Donald Trump, ma sul fatto che non abbiamo mai affrontato davvero i problemi razziali. Pensate a quello che è successo in Pennsylvania con la bandiera confederata. Non si può mettere su un edificio un simbolo di schiavitù. È un delitto».
D'accordo su tutto Matt Damon: «In questo film si parla del privilegio dei bianchi. Il mio personaggio, ad esempio, attraversa senza troppa paura il quartiere in bicicletta pur essendo pieno di sangue. Non ha paura, perché sa che se lo dovessero fermare la colpa sarebbe sempre e comunque dei neri. Queste dinamiche negli Usa purtroppo non scompariranno mai».
Julianne Moore invece crede nell'impegno in prima persona: «Se la nuova generazione americana sarà migliore di quella presente dipenderà solo da noi. Io come cittadina sento che bisogna essere attivi in questo senso». A citare direttamente Donald Trump, che sembra essere stato il motore della rabbia che ha contagiato il set di Suburbicon, è in conferenza stampa solo il cosceneggiatore-produttore Grant Heslov: «Mentre giravamo vedevamo Trump parlare del muro in Messico. E in noi montava la rabbia».
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