Alla Guggenheim Collection la "Postwar era", arte dal Dopoguerra al '79
Da "L'atomo, Un mondo unico" di Richard Pousette-Dart del 1947, a una sorta di universo in espansione, di rinascita continua, nell'opera di Claire Falkenstein, del 1975, autrice di un "Cancello senza materia" fatto di fili di ferro e vetro all'ingresso di Cà dei Leoni, sede della Peggy Guggenheim Collection. Tra questi due apparenti opposti si muove la mostra curata da Luca Massimo Barbero, "Postwar era. Una storia recente", con gli omaggi a Jack Tworkov e alla stessa Falkenstein, da sabato negli spazi della collezione della mecenate statunitense fino al 4 aprile prossimo.
È il mondo di Peggy, delle sue opere raccolte o donate alla collezione, che tesse, attraverso 90 tra dipinti, sculture e disegni, una rassegna che offre certezze - i dipinti di De Kooning o Motherwell, di Vedova, Afro o uno splendido Fontana - accanto ad artisti che il mercato oggi non ha ancora alzato tra i suoi eletti ma che - a dirla con il curatore - sono protagonisti della storia dell'arte della seconda metà del secolo scorso. Lungo un percorso che si dipana per undici sale, alcune di fatto monografiche - tra tutte, basti ricordare quella di Carlo Ciussi o di Mirko Basaldella - è offerta una possibile lettura dell'arte statunitense ed europea, anche italiana, dal dopoguerra al 1979.
«È un viaggio attraverso le curiosità» spiega Barbero a dare indicazione di un'esposizione che offre ora opere riunite per gruppi e accostate in base a tema, stile, affinità, superando di fatto le griglie dettate da movimenti o tendenze artistiche. Il primo passo è con gli albori dell'espressionismo astratto di matrice statunitense per poi dare subito spazio alla sequenza di ritratti a firma Tworkov, che aveva lo studio a fianco di de Kooning a New York , e poi agli italiani - dallo stesso Vedova a Santomaso, Consagra, Scaloja, Carla Accardi, solo per citarne alcuni - per tornare qundi in terre britannica e statunitense - Chadwick, Armitage, Paolozzi, Sutherland, Davie. Dopo è il turno di Mirko, artista friulano ma punta di diamante dell'arte italiana in terra Usa negli anni '60, fino alla chiusura con Falknstein. Con lei, autrice di opere che sono frutto di alchimia tra ferro e vetro,la mecenate statunitense ebbe un rapporto do profonda amicizia che durò una vita.
A lei il compito di realizzare quel cancello trasparente chiamato a proteggere la collezione, ora restaurato. Il 2016 sarà ancor più l'anno di Peggy nella collezione che porta il suo nome, visto che a novembre ci sarà l'omaggio a Tancredi, artista veneziano morto nel Tevere nel 1964 a lei molto legato. Ad aprile, invece,"'Imagine 1960-1969", la nascita in nove anni di una nuova immagine dell'arte italiana. Tutte a firma Luca Massimo Barbero. (Ansa)
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