"All the world's futures" la mostra globale di Enwezor

In arrivo 136 artisti per l'esposizione internazionale che aprirà il 7 maggio: solo quattro italiani
Il presidente della Biennale Paolo Baratta e il direttore della Biennale Arti visive Okwui Enwezor
Il presidente della Biennale Paolo Baratta e il direttore della Biennale Arti visive Okwui Enwezor

VENEZIA. Frammenti di un contemporaneo che guarda alla storia per cercare di costruire un nuovo futuro. Pezzi di un caleidoscopio destinato a mutare "immagine" anche nel corso dei sette mesi di apertura, attraverso dipinti, sculture, disegni, opere grafiche, performance, film o installazioni (poche), in gran parte realizzati proprio per dare corpo alla "mostra globale", al "Parlamento delle forme", ideato da Okwui Enwezor per la 56. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia, che apre il 9 maggio fino al 22 novembre.

Wangechi Mutu, "Blue eyes"
Wangechi Mutu, "Blue eyes"

L'esposizione, presentata a Venezia dopo decenni di appuntamenti romani, è composta dalle opere di 136 artisti, 89 presenti per la prima volta, provenienti da ogni angolo del mondo. «Molti da aree geografiche che ci ostiniamo a chiamare periferiche» dice Paolo Baratta, presidente della Biennale. Le partecipazioni nazionali saranno 89, tra cui cinque per la prima volta e la conferma della Santa Sede. Attesa per conoscere i protagonisti del Padiglione Italia curato da Vincenzo Trione. Nella squadra con i colori di 53 Paesi di "All the World's Futures", c'è anche l'Italia. Quattro gli artisti tricolori - Paola Barba e Monica Bonvicini, residenti a Berlino, e due scomparsi, Fabio Mauri e Pino Pascali - più una rivista fondata a Milano, "The Tomorrow". «È sempre un gioco numerico» risponde il curatore a chi gli chiede un perché di questa scelta che ad alcuni è parsa esigua sul piano numerico e generazionale, rilevando che non gli interessa una divisione tra artisti giovani o no ma che guarda alla loro potenza, come Mauri o la cubana Tania Bruguera, ai domiciliari all'Avana.

Per una Biennale già definita «politica», che ha nella lettura de "Il Capitale" di Marx uno dei suoi punti nodali, al momento appare difficile trovare un unico "filo rosso" che leghi l'intero corpo espositivo e performativo messo in campo da Enwezor. Baratta dice che è una mostra «dove noi possiamo interrogare, o quanto meno ascoltare gli artisti» di fronte alla grande questione del rapporto «tra l'arte e lo sviluppo della realtà umana, sociale, politica, nell'incalzare delle forze e dei fenomeni esterni».

Efflatoun. "Popular Resistance" (particolare)
Efflatoun. "Popular Resistance" (particolare)

Un altro capitolo, insomma, dopo quelli di Bice Curiger e di Massimiliano Gioni, della ricerca della Biennale «sui riferimenti utili - spiega il presidente - per formulare giudizi estetici sull'arte contemporanea, questione "critica" dopo la fine delle avanguardie e dell'arte "non arte"». Il curatore fornisce tre filtri per cercare di interpretare «il pluralismo di voci» dell'arte che guarda al futuro senza far finta di non avere "antenati". In questo contesto di uno spazio-tempo che sa unire dimensioni temporali diverse - sulla mostra aleggiano le "immagini dialettiche" care a Walter Benjamin di 'Angelus Novus' -, sembra collocarsi il ruolo centrale dato da Enwezor all'Arena, nel Padiglione Centrale, dedicata a una continua programmazione interdisciplinare dal vivo.

A riguardo, il curatore ha ricordato che l'idea è nata anche dal fatto che nel 1974 la Biennale fu dedicata al Cile per protesta contro la dittatura Pinochet. «Pochi lo ricordano - ha aggiunto - ma di questo resta un documento fondamentale, l'annuario». Nell'Arena ci sarà la lettura dei tre volumi di Marx che tanto hanno segnato, al di là dell'ideologia, l'ultimo secolo in più campi, qui la dimensione principe della parola, dell'oralità, dell'arte del canto e del recital. Tante le performance appositamente commissionate, e anche l'Arsenale sarà palcoscenico, ad esempio del nuovo progetto del duo statunitense Allora e Calzadilla che coinvolgerà un coro nell'arrangiamento di "La Creazionè di Haydn". Tra gli artisti in scena, tanti nomi conosciuti soprattutto dagli addetti ai lavori - un collettivo siriano, "Abounaddara", farà anche controinformazione sullo stato del loro Paese - calibri di peso, tipo Baselitz, Boltanski, Broodhaers, Marlene Dumas, Gursky, Haacke, Holler, McQueen, Nauman, solo per ricordarne alcuni.

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