Alice, rovinata dai medici, 15 anni di cause legali
«L'ultima beffa? Il perito del Tribunale lavora pure per l'assicurazione»

Una donna in carrozzina. Alice Lazzaroni oggi ha 23 anni ma attende ancora giustizia per le diagnosi ritardate che l’hanno costretta su una carrozzina
Non è un'altra storia di malasanità, non è la solita storia. Non è nemmeno lontana, accade dietro l'angolo. E' la storia di Alice Lazzaroni, una ragazza con due grandi occhi azzurri che oggi ha 23 anni. La drammatica vicenda va avanti da vent'anni, tra citazioni e cause portate avanti da due genitori che non cedono di un centimetro pur di vedere tutelati i diritti della figlia. Alice nasce nel 1987, con un handicap congenito molto raro. Non può sentire il dolore, ma nessuno all'inizio se ne accorge. Alice cresce tranquilla, sveglia e vivace. Nel 1989 un pediatra triestino ipotizza che sia affetta da «disautonomia familiare», una malattia genetica frequente nella popolazione di origine ebraica aschenazita; ma Alice non ha mai avuto avi che le potessero trasmettere il gene. La realtà è ancora più amara: Alice soffre di neuropatia ereditaria sensoriale autonomica, una marcata insensibilità al dolore. In pratica, la condanna a una vita in una campana di vetro per una bimba fragile come un cristallo. Il vero calvario inizia a sette anni, quando, per una lesione, la gamba destra subisce una gravissima deformazione. Alice non accusa dolori, cammina, saltella; i genitori mettono in guardia i sanitari della patologia, ma non viene presa alcuna misura precauzionale per immobilizzare l'arto. Anzi: la diagnosi parla di artrite reumatoide. Le cure sbagliate portano a un arresto della crescita dell'arto, costringendo ancora oggi la ragazza in sedia a rotelle o a camminare con l'ausilio di tutori ortopedici. Inizia la lotta tra Davide e Golia. Da una parte i genitori di Alice, dall'altra le varie Asl e le assicurazioni. A vent'anni dall'inizio della battaglia, l'ultimo atto che per papà Sandro suona come una beffa: «Per risolvere la causa civile il giudice preposto ha nominato un "consulente tecnico d'ufficio" (Ctu). Si tratta in pratica di un esperto medico-legale, super partes, che avrà l'ultima parola nel processo in rappresentanza del Tribunale». Al di sopra delle parti? Non sembra proprio, sostiene il legale della famiglia Lazzaroni, l'avvocato Enrico Cornelio: «Il medico-legale nominato dal giudice è collegato da interessi professionali a una delle assicurazioni che difendono la nostra controparte Asl e Regione Veneto, e, ovviamente abbiamo richiesto subito la ricusazione per "incompatibilità e conflitto di interessi"». Ma il giudice del Tribunale di Venezia ha rigettato la ricusazione con queste parole: «Considerato che il ctu ha escluso di versare in situazioni di incompatibilità; ha bensì dato atto di collaborare in regime libero professionale con l'assicurazione (parte in causa), ma tale situazione non rappresenta un caso isolato. Per la frequenza degli incarichi assegnati dall'ufficio è inevitabile che i consulenti disponibili ad assumerli abbiano rapporti con qualche compagnia». Sandro Lazzaroni non ci crede. «Abbiamo diritto a un perito che dia ad entrambe le parti un adeguata apparenza di imparzialità». Intanto, hanno inviato una protesta al ministro della Giustizia Angelino Alfano. L'avvocato Cornelio cita una sentenza della Cassazione del 2010 su un caso analogo. Una risposta arriverà a breve. In un paese in cui tutti gridano, qualcuno ascolterà il silenzio di Alice?
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