Alcoa, lo sciopero nel mirino «No ai tagli, sì agli investimenti»

Fusina: nelle due assemblee di ieri operai e impiegati hanno invitato la multinazionale americana a rivedere l’organizzazione del lavoro per recuperare le perdite. Lunedì la decisione sulle azioni di lotta
Di Gianni Favarato
uscita degli operai dall'Alcoa di Marghera e ingresso dei camion
uscita degli operai dall'Alcoa di Marghera e ingresso dei camion

«Basta tagli dei salari, investite, invece, e fateci lavorare», questa la risposta dei lavoratori dell’Alcoa al «ricatto inaccettabile con tagli certi sul salario in cambio di una fasulla certezza del lavoro». Lunedì la rappresentanza sindacale unitaria (Rsu) aziendale deciderà un pacchetto di ore di sciopero, a meno che l’azienda non decida di sospendere le annunciate misure e si sieda al tavolo della trattativa «senza ricatti», già fissato per il 14 febbraio nella sede di Confindustria venezia. I sacrifici per di mantenere il posto di lavoro si fanno, anzi all’Alcoa di Fusina i lavoratori - ridotti a meno di 300 dagli 800 che erano - dicono di averne fatti già molti, in termini di salario, carichi e organizzazione del lavoro. Ma non ci stanno a rinunciare anche alle indennità di turno, a spostare le pause mensa a fine orario di lavoro e tutti gli altri istituti economici integrativi previsti dal contratto aziendale che Alcoa ha disdetto a partire dall’1 marzo prossimo.

Sono terminate con una sostanziale no alla decisione dell’azienda di ridurre il salario fino ad un massimo di 460 euro al mese, le due assemblee tenutesi ieri nello stabilimento di Fusina, l’unico della multinazionale americana ad essere ancora attivo, dopo la chiusura del reparto Primario di Marghera e di tutti gli altri stabilimenti ex Alumix in Sardegna e nel resto d’Italia, comprati a buon prezzo dall’Efim nel 1995. Le due assemblee, una per il turno mattutino e i giornalieri e l’altra per il turno o serale, sono state moto partecipare e piene di interventi, sia di operai che di impiegati. «L’azienda dice che è necessario tagliare ancora le nostre striminzite buste», è stato detto da un operaio, «ma c’è da chiedersi che senso abbia fare questa operazione che permetterà di recuperare 800 mila euro all’anno succhiando ancora sangue a noi lavoratori e alle nostre famiglie, quando il deficit di bilancio del 2013 che intendono recuperare è di oltre 8 milioni di euro». «Per risanare e portare in pareggio il bilancio», hanno detto altri, «l’azienda farebbe meglio a rivedere l’organizzazione del lavoro per recuperare le perdite economiche con l’efficienza produttiva».

Molti interventi hanno sottolineato che i vertici americani di Alcoa «non hanno voluto investire nelle produzioni ad alto contenuto come quelle dei laminati per l’industria aerospaziale e automobilistica». Contro i mancati investimenti su prodotti più avanzati da collocare nel mercato per vincere la concorrenza, hanno puntato il dito anche gli impiegati. Uno di loro, intervenendo nell’assemblea mattutina, ha detto: «È vero che noi impiegati con la disdetta del contratto aziendale ci rimettiamo molto meno degli operai, ma questo non significa che non siamo preoccupati per l’atteggiamento dell’azienda, poichè senza investimenti e nuove strategie produttive siamo destinati a perdere anche noi il posto di lavoro».

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