Alajmo: «Nessuna certezza e costi alle stelle: Il Quadri riaprirà per i veneziani»

Raffaele Alajmo studia come far ripartire il Gran Caffè «Con gli ombrelloni in Piazza potremmo lavorare di più»
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 12.05.2020.- Raffaele Alajmo in piazza San Marco.
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 12.05.2020.- Raffaele Alajmo in piazza San Marco.

VENEZIA. Metro alla mano, decreto sotto gli occhi, Raffaele Alajmo sta studiano come far ripartire i suoi ristoranti: Gran Caffè Quadri e Quadrino in Piazza San Marco, Amo al T Fondaco, ma anche i locali di Padova, l’Amor a Milano, e il Caffè Stern a Parigi. La buona volontà c’è, ma molto dipende da quanto sarà valicabile il muro delle regole, delle incertezze e della burocrazia.

Quando pensate di riaprire?

«Sicuramente non il 18 maggio. Decideremo all’inizio della settimana prossima sperando di avere informazioni comprensibili. Attualmente non è chiaro niente; ancora non sappiamo se in sala potremo avere dodici clienti o venti».

Realisticamente, stando alle indicazioni di questi giorni, in che modo potrete lavorare?

«Il nostro bar è talmente piccolo, di appena quattro metri quadrati, che per forza resterà chiuso. Il Quadrino, a piano terra, potrà accogliere solo sei-otto persone rispetto alle trenta di prima. Il Quadri, al primo piano, potrà invece ospitarne al massimo dodici contro le quaranta che accoglievamo prima dell’emergenza sanitaria».

Però avete il plateatico.

«Il plateatico ci aiuterà. Abbiamo duecento sedie. Però ci sono le ore del mattino in cui batte il sole e si muore di caldo. L’Associazione Piazza San Marco ha chiesto alla Sovrintendenza di poter installare gli ombrelloni nei caffè della Piazza in modo da poter lavorare di più».

Il Quadri è l’unico caffè che ha anche la ristorazione.

«Sì, ma una vecchissima legge vieta ai caffè della Piazza di fare ristorazione. Certo, se la sera potessimo usare una parte dei tavoli esterni per il Quadrino, ci sarebbe di grande aiuto. Ma ho poca fiducia di essere ascoltato. In realtà sono un po’ snervato».

Perché?

«Due anni fa, insieme all’architetto Marino Folin, avevamo presentato un progetto per rimettere le antiche tende alle Procuratie, come da disegno di Tiepolo e dipinti di Canaletto, ma non se n’è fatto niente».

Che previsioni fate?

«Sono e saranno tempi molto difficili. Le spese che dobbiamo sostenere sono enormi».

Quanto costa un plateatico in Piazza?

«Per fortuna ora è stato sospeso, ma normalmente costa 500 euro al giorno, più l’affitto dell’immobile, che non dico. La musica ci costa 1.400 euro al giorno, considerato che l’orchestrina, composta da cinque musicisti, chiede 150 euro all’ora. Solo la musica, quindi, pesa 42-45 mila euro al mese. E poi c’è gente che si lamenta del fatto che un caffè in Piazza costa sette euro».

Due mesi fa, quando non era immaginabile quello che poi è accaduto, avevate lanciato un’iniziativa per abbassare i prezzi per i veneziani.

«Stiamo studiando alcune proposte. Faremo il possibile e l’impossibile per i veneziani. Avevamo proposto due aperitivi al prezzo di uno, ora pensiamo anche ad altre promozioni. Spero di ritrovare il mio giro di clientela, anche se avrò 30 tavoli al posto di 55».

Come cambierà la vita per il personale?

«Ai ragazzi sarà subito misurata la temperatura, poi si cambieranno, indosseranno gli abiti da lavoro, avranno guanti e mascherine da cambiare ogni quattro ore».

Sarà un’altra voce di spesa.

«Guardi, tra tutti i nostri ristoranti abbiamo duecento dipendenti. Il che significa 400 mascherine ogni giorno, che fanno duecento euro. Se l’obbligo della protezione resterà, a fine anno avremo speso più di 40 mila euro solo in mascherine».

E la sanificazione?

«Abbiamo sanificato i canali dell’aria condizionata e acquistato macchinari per igienizzare le cucine, la sala, i bagni».

Quanto costa un’apparecchiatura?

«Duemila euro, da listino. Quelle portatili mille. Poi ci sarà l’amuchina in ogni angolo. Sono tutti costi nascenti che a fine anno si faranno sentire».

Vittorio Sgarbi si è lanciato in difesa di Arrigo Cipriani, che al momento non riapre, e dei ristoratori in generale.

«Sottoscrivo. Credo che al tavolo di chi decide dovrebbe esserci anche qualcuno del mestiere». —

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