Al cimitero di Sindacale l’addio al neonato Ahmet

Cerimonia con rito musulmano alle 13.30: saranno presenti, grazie al permesso di 12 ore, anche il papà e lo zio, in carcere da ottobre a Pordenone per un furto
BASCHIERI - DINO TOMMASELLA - CONCORDIA - IL CIMITERO DELLA FRAZIONE DI SINDACALE
BASCHIERI - DINO TOMMASELLA - CONCORDIA - IL CIMITERO DELLA FRAZIONE DI SINDACALE

PORTOGRUARO. Il padre, in carcere, ci sarà. È diventata una corsa contro il tempo, ieri, quella dei familiari di Ahmet Kurtesi il bambino di 7 mesi morto a San Donà di Piave, dopo un iniziale ricovero a Portogruaro a seguito di un malore accusato mentre si trovava nella culla. Oggi, infatti, con inizio alle 13.30, verranno celebrati i funerali con rito musulmano, nel cimitero di Sindacale.

La scelta è ricaduta sulla frazione di Concordia Sagittaria dopo che, a sentire i familiari del bambino, è arrivata una risposta negativa da San Stino. Attraverso il loro avvocato, Roberto Veroi di Oderzo, le persone vicine al piccolo hanno comunque chiesto e ottenuto, con l’interessamento dei carabinieri di Portogruaro, un permesso di poche ore per il padre e lo zio del piccolo, in carcere dallo scorso mese di ottobre a seguito di un furto. «Un raid», spiega Veroi, «di cui hanno già risarcito il danno, mostrandosi più volte pentiti».

Il padre Senat Kurtesi e lo zio Severdam, che si trovano ancora in regime di custodia cautelare al carcere del Castello a Pordenone in attesa dell’udienza fissata per il prossimo 18 novembre, devono ringraziare il giudice Eugenio Pergola che, nel prendere la decisione, si è messo una mano sul cuore permettendo ai due congiunti del neonato di poter riabbracciare, anche se per poche ore, i familiari in un momento di dolore.

Senat e Severdam Kurtesi, accusati di un furto nei dintorni di Portogruaro, avranno poche ore libere, dalle 7 di questa mattina fino alle 19. Poi dovranno rientrare al Castello di Pordenone.

Intanto i familiari del bambino morto prendono le difese del pediatra: «Lui non c’entra nulla, in 17 anni che ci rivolgiamo al medico non abbiamo mai avuto problemi. Attendiamo anche noi, attraverso il nostro avvocato, di conoscere l’esito dell’autopsia».

Il piccolo Ahmet ha portato un po’ di gioia in un’abitazione, quella della famiglia Kurtesi, dove ogni giorno si lotta per sopravvivere. Risiedono infatti in una dimora più che fatiscente, che somiglia più a una baracca che ad un appartamento. C’è una promiscuità che ricorda da vicino le borgate di grandi città. In via Loredan, a Mazzolada, ce ne sono diverse. I capifamiglia non hanno lavoro. Una delle strade maggiormente percorse è quella legata alla delinquenza: spesso quindi chi abita da queste parti conosce il carcere. «Sono 17 anni che abito qui a Portogruaro», afferma accorata la nonna del neonato deceduto, «e in tutto questo tempo non mi hanno mai assegnato una casa popolare. Noi vogliamo soltanto un’abitazione dignitosa».

Rosario Padovano

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