«Aiutateci a dare un futuro alla nostra piccola Emily Rose»
MESTRE. Emily Rose ha compiuto quattro anni il 13 novembre ed è già una maestra di vita. Ama la musica dei Beatles, andare sulle giostre e prendere per mano gli altri bambini. La sua migliore amica è la cagnolina Zoe che le sta sempre vicino. La sindrome di Sanfilippo, la variante tre della malattia rara mucopolisaccaridosi, le ruba ogni giorno un pezzettino di felicità. Proprio per questo i genitori Grace Spinazzi e Matteo Caroncini hanno imparato a vivere ogni istante come se fosse un dono immenso.
Dopo l’ultima delusione, causata dal fallimento di una terapia che sembrava potesse guarirla, i due lanciano un appello: se non si investe nella ricerca i bambini con questa malattia, uno o due ogni centomila, sono destinati a morire verso i 15 anni. «Si tratta di una sindrome terribile» spiegano i genitori di Marghera e di Campalto, da poco trasferiti a Merano per lavoro «perché per un po’ di anni questi bambini, pur con le loro difficoltà, imparano tante cose e sono iperattivi. A questa fase esplosiva ne segue una opposta. È come un’onda che si ritira: i piccoli iniziano a spegnersi e a soffrire di insonnia, allucinazioni e convulsioni».
I sintomi arrivano sui due anni di vita, quindi per ogni famiglia è un fulmine a ciel sereno. La causa è l’assenza di un enzima, nel caso di Emily dovuto al fatto che i genitori, senza saperlo, sono portatori sani di un’anomalia genetica. Grazie all’occhio clinico di un medico, la malattia viene diagnostica a Emily poco dopo aver compiuto un anno. «Sembrava una bambina come le altre», raccontano i genitori che curano la pagina Facebook “A smile from a rose” (Un sorriso da una rosa), dove postano i momenti più belli di Emily, «ma improvvisamente non è più cresciuta e non ha mai imparato a parlare. Non avendo alcuna barriera cognitiva è una pura sorgente di emozioni. Per noi è un’eroina. Grazie a lei abbiamo imparato a vivere».
Grace e Matteo hanno deciso di raccontare a tutti la storia di Emily soprattutto quando sono stati abbandonati dalla casa farmaceutica americana che aveva avviato una sperimentazione all’ospedale San Gerardo di Monza: «I medici italiani stanno cercando di aiutarci», spiegano, «ma dopo un anno quelli americani ci hanno detto che la terapia non funzionava e l’hanno interrotta bruscamente, non dandoci i risultati degli esami». Per loro e per le famiglie che avevano visto nella cura una speranza di salvezza, è ricominciato un incubo: «Ci aiutiamo grazie a Facebook», affermano i genitori. «Ci sono dei gruppi chiusi dove condividiamo con altre famiglie questa tragedia».
Tra i progetti di Grace e Matteo c’è quello della camera sensoriale: «Abbiamo organizzato a Mestre diverse serate per raccogliere fondi», proseguono. «Grazie a quei soldi abbiamo realizzato una stanza dove Emily può stare senza che si faccia male con tutte le cose che le piacciono di più, un giradischi, uno specchio infrangibile, alcune luci. Purtroppo la società non è preparata a queste malattie e nei parchi giochi ci sono divertimenti solo per i bambini senza problemi». A breve, come si legge nel sito www.buonacausa.org/cause/asmilefromarose dove si possono fare donazioni, nascerà un’associazione con lo scopo di finanziare le ricerche sulla sindrome.
A differenza di molti bambini affetti da questa sindrome, Emily è molto socievole. Vuole stare con gli altri coetanei, li cerca e desidera un contatto. «Sono bambini iperattivi» dicono i genitori «Emily ama tutto quello che è movimento perché la calma, ma la sua infermiera migliore è Zoe, una cagnolina con la quale ha un rapporto simbiotico, tanto che stanno in passeggino assieme». La piccola adora gli animali, come il pony della Terra di Hope di Mira: «Quando era con il pony, Emily riusciva a stare ferma anche per 15 minuti» ricorda la mamma «È incredibile l’aiuto degli animali».
Lo scorso 8 ottobre è arrivato il fratellino Olliver, nato sano: «Quando lo allatto», conclude la mamma, «Emily è dolcissima, si appoggia sulla mia spalla e mi sta vicina. Sono momenti bellissimi e mi sembra impossibile che finiranno: chiediamo che tutti ci aiutino a trovare una terapia per guarire questi bambini».
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