«Agrivillage, un’opportunità»

«Invece di contestare o stare a guardare, dovremmo agire tutti per il successo dell’iniziativa utile a tutta la nostra area e non solo». Scende in campo anche la Confartigianato a difesa del progetto di Agrivillage che ha rianimato il dibattito politico tra destra e sinistra Piave. Se molti sono scettici sulla reale portata dei futuri investimenti, e tanti sono del tutto contrari, l’associazione artigiani di Ildebrando Lava si schiera senza riserve con il progetto caldeggiato dal Comune di Musile. «Il progetto è un concentrato di eticità commerciale e produttiva», dice Lava, «non spreca suolo e riqualifica un’area degradata. È la filiera alimentare corta, dal produttore al consumatore, prodotti che oggi partono dal produttore a un euro e arrivano alle nostre tavole a dieci, domani possono arrivare a 5-6-7 euro, in un’epoca in cui un’enormità di famiglie non riesce più ad arrivare a fine mese».
Lava ricorda anche i 700 posti di lavoro previsti e l’indotto economico. Il presidente, quando ancora si parlava del progetto a Meolo, ha contattato l’allora amministrazione e chiesto un incontro per capirne i contenuti e le prospettive in via preliminare. «Eravamo consci del fatto che un progetto del genere», aggiunge, «ha un iter difficile che potrebbe interromperne la fattibilità in ogni momento, cosa poi successa a Meolo. Informazioni preliminari che qualsiasi altra realtà poteva chiedere, evitando poi esternazioni inutili di mancato coinvolgimento. Ovviamente, la presentazione di un progetto di questo spessore, va fatta dopo le opportune verifiche e passaggi burocratici che ne definiscano con buona approssimazione la fattibilità, cosa che i proponenti dell’opera e l’amministrazione di Musile hanno fatto, e poi presentato alla cittadinanza. E non è vero che questa iniziativa va a danneggiare il piccolo commercio, il fruttivendolo storico di Musile, come il “casuin” di Croce. Tanti altri negozietti in zona, hanno già chiuso, anche senza Agrivillage. Il troppo piccolo e frammentato non regge più e costa troppo all’imprenditore e al consumatore. Continuare a sostenere che vanno rilanciati i nostri centri, che di storico non hanno poi molto, è quasi accanimento terapeutico a spese altrui, a meno che non si dica in che modo rilanciarli e che novità attrattive e soprattutto commerciali vanno attivate, ma idee nuove in tal senso non se ne vedono».
«Dovremmo tutti convincerci», conclude, «a sotterrare l’ascia di guerra e pensare al bene della collettività, abbracciando un diverso modello di distribuzione dei prodotti agricoli e artigianali».
Giovanni Cagnassi
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia