Aggredita la mamma di Keke Pan
Mentre Luca Keke Pan, 37 anni, imprenditore cinese di via Piave, è da un anno in carcere con l’accusa di aver costruito un impero economico sulla pelle di immigrati fatti arrivare clandestinamente dalla Cina e sfruttando prostitute in centri di massaggi, la madre, anche lei arrestata un anno fa e uscita dal carcere, è stata aggredita pesantemente da altri cinesi alla stazione ferroviaria di Treviso. Aggressione che risale ad alcuni giorni fa.
Il 14 dicembre dello scorso anno il Gico della Guardia di Finanza di Mestre, coordinato dalla Procura Antimafia di Venezia, arrestò quindici persone tra cui Pan, suoi famigliari e collaboratori. Dietro alle sbarre finirono anche Lianqin Li, 63 anni, la madre dell’imprenditore, e Jiasheng Wu (56), zio dello stesso Pan, che tutti in via Piave chiamano Vittorio.
Dieci giorni fa questi due sono usciti di prigione. Il giudice ha però stabilito che non possano risiedere e mettere piede nei comuni di Venezia e Padova e nelle rispettive province. Zone dove avevano affari assieme a Keke Pan. C’è sempre il pericolo che inquinino le prove e reiterino i reati di cui sono accusati. Sono stati sistemati dai parenti in un albergo di Mogliano. A pagare loro il soggiorno ci pensa la grande famiglia cinese. Ma le cose per il clan Pan, dopo gli arresti e i sequestri dello scorso anno, non vanno bene. Anzi. I Pan hanno perso potere anche perché il padre di Luca non è qui da anni e vive in Cina. Ed è in questa perdita di potere da parte della famiglia che va inserita l’aggressione subita dalla donna a Treviso. Lianqin li, alcuni giorni fa, si è incontrata con due altri cinesi in stazione a Treviso. I tre iniziano a discutere animatamente. Ad un certo punto i due uomini, più giovani di lei, l’aggrediscono fisicamente. La schiaffeggiano e la strattonano. Uno addirittura cerca di buttarla sui binari. La scena non passa inosservata ad alcuni presenti. Ed è in quel momento che i due cinesi si allontanano. La donna ha chiamato alcuni parenti, non ha voluto denunciare l’accaduto alla polizia ed è tornata a Mogliano. Ha pure detto di avere incontrato i connazionali per caso. Un’ipotesi inverosimile.
La donna, nel clan Pan, da quando il marito è rientrato in Cina ha sempre avuto un ruolo di spicco. Molti dei soldi che, secondo la Guardia di Finanza, sono stati messi insieme in maniera illegale, passavano tra le sue mani e in quelle dello “zio Vittorio”. Lei aveva grosse disponibilità di denaro contante e spesso spostava grosse cifre da un luogo ad un altro, utilizzando borsette di nylon del supermercato. Non è escluso che l’aggressione sia proprio legata a una questione di denaro e di interessi. Infatti con il crollo dell’impero mestrino dei Pan, nei guai sono finiti numerosi altri cinesi legati al clan di via Piave.
Come in un domino altre attività di cinesi, in mezzo Veneto, stanno o sono fallite. Una moria a cui non ha potuto mettere fine nemmeno il padre di Luca, perché anche in Cina alla famiglia le cose non vanno bene. Soprattutto da un punto di vista economico. Quando è rientrato nel suo paese, Pan padre è diventato sindaco di una città grande quanto Venezia e Padova messe assieme. Ha inoltre aperto varie attività imprenditoriali legate all’import ed export e una fabbrica di occhiali che gestiva il genero. Infatti Luca ha una sorella che vive in Cina. Ma da qualche anno le cose sono peggiorate anche per quelle attività.
A quanto pare il crollo c’è stato proprio nel momento che dall’Italia non arrivavano più fondi per tenere in piedi quelle attività. Del resto tutti i beni, dalle case ai negozi, dai centri massaggi ai conti correnti dell’imprenditore di via Piave, sono stati sequestrati. E molti ora sono destinati alla confisca.
L’imprenditore in carcere a Tolmezzo da dodici mesi ha scelto di essere processato con il rito abbreviato. A spaventarlo, però, non è tanto la condanna in sede penale ma la confisca del suo impero che rischia di lasciarlo come un “re nudo”, separato dalla moglie e con due figli da mantenere.
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