Agente si spara alla testa, è in fin di vita
VENEZIA. Un colpo alla testa mentre le porte dell’ascensore al piano terra del Padiglione Jona dell’Ospedale Civile si stavano chiudendo. Il proiettile calibro 7.65 sparato dalla Beretta di ordinanza l’ha fatta stramazzare al suolo, ma non l’ha uccisa. E lei, M.T.T.M., 28 anni, giovane agente della polizia penitenziaria in servizio al carcere della Giudecca, è finita con parte del corpo all’interno dello stesso ascensore. Erano le 11.30 di ieri mattina. Nessuno si è accorto di quanto stava succedendo sino a quando qualcuno passando ha visto a terra la donna.
La prima a soccorrere l’agente è stata una pediatra. Quindi sono intervenuti gli operatori del Suem che dopo avere stabilizzato le sue condizioni hanno accompagnato in elicottero la ferita all’ospedale dell’Angelo di Mestre. Ora la donna si trova ricoverata in prognosi riservata nel reparto di rianimazione. Non è stato possibile operarla per ridurre i danni cerebrali provocati dal proiettile.
Sull’accaduto indagano gli agenti delle volanti e del commissariato di San Marco. Per il momento quanto accaduto non ha una spiegazione.
L’agente si era recata in ospedale per controllare una giovane detenuta che aveva partorito la settimana scorsa. La ragazza era ricoverata perché il figlio doveva essere trattenuto ancora un po’ in osservazione. L’agente, originaria della Calabria, era andata per un controllo previsto dalla misura di detenzione.
Una volta raggiunto il reparto dove si trovava ricoverata la detenuta, la poliziotta ha parlato con la giovane e poi insieme si sono recate a vedere il piccolo. Quindi si sono avviate verso l’uscita. Le due sono rimaste a parlare ancora un po’. Non lontano c’era un’altra mamma che stava allattando. Tutto sembrava normale. Nulla faceva presagire quello che poi è successo.
Alla fine i saluti. La detenuta si è avviata al reparto mentre l’agente al posto di imboccare l’uscita è andata verso l’ascensore. Raggiunto l’ingresso ha premuto il pulsante di chiamata. Quando le porte hanno iniziato ad aprirsi lei ha estratto la pistola di ordinanza e si è sparata. Poi la cronaca dei soccorsi.
Gli agenti delle volanti intervenuti hanno sentito alcune persone, nessuna testimone diretta del fatto. È stata interrogata la detenuta. L’ultima ad avere parlato con la giovane e ad averla vista in vita. Sono stati avvisati i parenti e l’amica che vive con lei a Venezia. Uno zio e l’amica poi sono corsi in ospedale. Nè in casa nè nell’armadietto personale che ha sul posto di lavoro sono stati trovati elementi che riescano a dare anche una minima spiegazione del gesto.
Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, dice: «Solo nel mese di agosto si erano tolti la vita due poliziotti penitenziari, e dal 2000 a oggi oltre cento sono stati i casi di suicidio nel Corpo di Polizia e dell'Amministrazione penitenziaria. Basta continuare a tergiversare su questa drammatica realtà. Non si può pensare di lavarsi la coscienza istituendo un numero di telefono che può essere contattato da chi, in tutta Italia, si viene a trovare in una situazione personale di particolare disagio».
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