Affossato il "Salva Venezia", Orsoni chiede aiuto ai parlamentari
VENEZIA. La «dead line» è il 9 marzo. Per quella data il disegno di legge dovrà essere approvato. Altrimenti, le sanzioni al Patto di Stabilità andranno applicate. E gli stipendi dei dipendenti tagliati. Si prova a mettere l’ennesima toppa a una falla che si allarga sempre più. La bocciatura degli emendamenti «SalvaVenezia» decisa dal presidente del Senato Pietro Grasso ha lasciato tutti di stucco. Lavoro buttato e sorpresa generale. E alla fine il Comune si ritrova con un pugno di mosche. Ieri mattina a Ca’ Farsetti sindaco e giunta hanno incontrato i parlamentari veneziani. Presenti in pochi, per la verità. Tre del Pd (Davide Zoggia, Delia Murer, Michele Mognato), Oreste Pastorelli (Psi), Enrico Zanetti (Sc). Neanche l’ombra delle opposizioni, nemmeno un senatore. Anche se il sindaco Giorgio Orsoni ha annunciato l’adesione a distanza di Felice Casson, Mario Dalla Tor, Giorgio Santini, Pierpaolo Baretta e Andrea Martella.
C’è da rimettere in piedi una «road map» dai confini sempre più stretti. Non più emedamenti al «Salva Roma», che poi in realtà era la legge sui «contributi agli enti locali». Ma un nuovo disegno di legge presentato al Senato, già sottoscritto da 50 parlamentari, che l’aula dovrebbe approvare entro martedì. Poi il testo andrà alla Camera. E qui i deputati si sono impegnati a sostenerlo.
«Anche se sarà bene preparare una via di emergenza», ha avvertito Davide Zoggia, pd, «nelle prossime due settimane ci sarà la difucia al governo, la nomina dei sottosegretari, il Salva Roma.... rischiamo di non fare in tempo. Allora meglio mettere le mani avanti, se non vogliamo ritrovarci qui in marzo per un’altra riunione». «Ho già parlato con Delrio», ha risposto il sindaco. L’ex sindaco già ministro degli Enti locali è diventato adesso sottosegretario alla Presidenza. Si spera nella comprensione dei due sindaci (Renzi e Delrio) adesso a capo del nuovo governo. Ma intanto la situazione rischia di sfuggire di mano. Domani in municipio si sono dati appuntamento lavoratori e dipendenti comunali, leghisti, grillini, opposizioni di centrodestra. La parola d’ordine è «dimissioni», mentre in aula si discuterà la mozione presentata da 19 consiglieri.
«Il punto», ha spiegato ieri Orsoni ai parlamentari, «non è che noi non abbiamo i 9 milioni necessari. Li abbiamo, ma per le sanzioni imposte dal Patto non possiamo impiegarli per la parte accessoria dei contratti». Una rincorsa che non finisce mai. E che doveva cessare quando molti parlamentari avevano promesso di modificare le norme che impongono sanzioni a chi sfora il Patto. Ma non è successo.
Altra emergenza, quella delle pulizie nelle scuole. Si prova a far passare un «emendamento ponte». «Non è la soluzione definitiva», avverte Delia Murer, «ma almeno consente ai Comuni di fermare l’emergenza». Emergenza che per i sindacati ha una grande responsabilità anche nelle scelte dell’amministrazione. Ma il sindaco, ieri difeso dall’assessore Pierfrancesco Ghetti, annuncia battaglia. Niente dimissioni, anche se in un primo momento la tentazione era stata forte. Ma un pressing sui deputati – e sul nuovo governo – per ottenere l’alleggerimento delle sanzioni. Che oltre a ridurre gli stipendi degli amministratori – già applicate – adesso attaccano anche quelli dei dipendenti, bloccando i nuovi contratti a termine e dunque i servizi ai cittadini, gli straordinari e i progetti, il turn over delle maestre. Domani intanto comincia l’«assedio» a Ca’ Farsetti.
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