Affitti turistici, scontro sulla tassa scontata

Cedolare secca al 10% proposta dai senatori Santini e Puppato. «Serve a far emergere il nero». La rabbia degli albergatori
La senatrice del Partito Democratico, Laura Puppato, durante un momento del convegno Assotermica presso la sede ENEA a Roma, 27 settembre 2017. ANSA/CLAUDIO PERI
La senatrice del Partito Democratico, Laura Puppato, durante un momento del convegno Assotermica presso la sede ENEA a Roma, 27 settembre 2017. ANSA/CLAUDIO PERI
C’è un emendamento alla manovra di bilancio, che porta la firma di tre senatori del Pd (i veneti Laura Puppato e Giorgio Santini, con il collega Mauro Del Barba) in scaletta per la discussione domani in aula e che “regala” una cedolare secca al 10 per cento sugli affitti brevi inferiori ai 10 giorni, se gli appartamenti vengono affidati dai proprietari a intermediatori immobiliari o piattaforme - la più nota è Airbnb - che agiranno come sostituto d’imposta.


Secondo la proposta – «al fine di contrastare l’evasione ed incentivare l’emersione dei redditi derivanti dai contratti di cui al comma 1 (brevi,
ndr)
, a titolo sperimentale per tre anni a partire dal periodo fiscale al 31 dicembre 2018.... . » – chi dà in locazione il proprio immobile per meno di 10 giorni, «a qualsiasi finalità, compresa quella turistica» (sic), se lo fa tramite un intermediatore ha diritto di pagare solo il 10% di tasse. Non importa quanti appartamenti abbia in proprietà. Al contrario, chi affitta in proprio, come chi dà la propria casa in locazione ad inquilini per abitarci, continuerà a vedersi applicata la cedolare secca prevista dal decreto 23/2011, al 21%.


Possibile? Possibile. È nero su bianco. Emendamento 3137, inizialmente dichiarato inammissibile per la mancata copertura economica, ma ripresentato dai firmatari, che ne garantiscono i fondi. L’idea di base è che le piattaforme e gli intermediatori (al comma 4 e 5 ) siano costretti a trasferire all’Erario i dati e imposte delle locazioni, facendole così emergere dal “nero”. Inutile dire, però, che in una città come Venezia, significherebbe mettere una pietra tombale sul già moribondo mercato degli affitti per vivere in città, si tratti anche di studenti o lavoratori: sulla sola piattaforma Airbnb sono poco meno di 4 mila gli appartamenti proposti nella città storica e già 3 mila quelli a Mestre, che ha vissuto un’esplosione del fenomeno turistico negli ultimi anni (come dimostrano le ricerche di Reset e Venice Project. org).


«Offensiva e surreale la proposta che riduce al 10% le imposte sui redditi da locazioni brevi», la definisce Federalberghi in un tweet, «con danni gravi per le imprese e per i cittadini: chiediamo che l’emendamento venga respinto senza esitazioni». Una linea rilanciata dal direttore veneziano dell’Ava Claudio Scarpa: «Ma come fa un partito di governo a fare una proposta del genere e poi qui, a Venezia, a scendere in piazza con i comitati in difesa della residenza? ». Che l’emendamento sia incompatibile con realtà come Venezia, alla fine lo ammette una degli stessi firmatari della proposta, la senatrice veneta Laura Puppato.


La parlamentare difende così lo spirito dell’emendamento presentato: «La cedolare secca che abbiamo introdotto a suo tempo ha fatto emergere l’evasione nel resto del Paese e al contempo ha messo a disposizione molti immobili per l’affitto residenziale, perché ha garantito un’imposta certa a chi non ha redditi alti. L’obiettivo è far emergere l’evasione degli affitti turistici, garantendo entrate all’Erario». Ma Puppato, a conclusione del ragionamento, ammette che «Venezia è un caso a parte: una città svuotata di abitanti. Un provvedimento come quello che proponiamo è privo di senso in questa specifica realtà: Venezia deve avere una sua legislazione speciale. Sa che le dico? Dal momento che non è ancora stato messo in discussione, proviamo a rivederlo, per escludere – se possibile – realtà come quella della città storica di Venezia». Restate sintonizzati.


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