Affitti brevi, a Venezia i proprietari non vogliono limiti: «No al regolamento del Comune»

Affollato e animato confronto dopo che l’amministrazione Brugnaro ha dettato la nuova norma. I locatari: «Testo irricevibile», gli amministratori: «Regole di buon senso»

Eugenio Pendolini
Il convegno promosso dalle associazioni di categoria alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista
Il convegno promosso dalle associazioni di categoria alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista

Una proposta definita «irricevibile». Bocciatura senza appello da parte dei proprietari di casa e delle associazioni di categoria al regolamento sulle locazioni brevi voluto dall’amministrazione Brugnaro.

Già annunciata dopo la conferenza stampa di presentazione delle nuove norme per chi affitta in città per più di 120 giorni, e anticipata dalle prime schermaglie in commissioni, la spaccatura tra Comune e proprietari va in scena al convegno organizzato dalle associazioni di categoria (Abbav, Cna, Bre.Ve, Confedilizia, Fiaip, Agata, Prolocatur e Gesticond) nella cornice della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista. Davanti a una platea di oltre 400 presenti, in gran parte proprietari di casa e rappresentanti di agenzie immobiliari, piovono applausi dopo i duri interventi di critica nei confronti delle nuove norme adottate dal Comune di Venezia, forte della possibilità concessa dall’emendamento Pellicani, finito anch’esso nel mirino in quanto «strumento di limitazione della proprietà privata».

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In particolare, l’opposizione delle associazioni di categoria, che già si preparano a dare battaglia anche in sede legale, si concentra sull’obbligo di Scia previsto per chi intenda affittare per più di 120 giorni e sulla moratoria fino al 2026 per chi intenda affittare per più di 4 mesi successivamente ai 120 giorni dopo l’approvazione del regolamento.

Critiche dure che vengono rivolte in faccia ai rappresentanti dell’amministrazione, con gli assessori Simone Venturini, Michele Zuin e Sebastiano Costalonga in prima fila ad ascoltare i relatori del convegno. «Stiamo intervenendo sulla base di una norma scritta non bene, ma il dialogo sul tema continua. Ma qualcosa andava fatto, l’idea è quella di stringere un patto tra Comune e proprietari di casa», le parole in apertura dell’assessore Venturini. Ma è proprio sulla facoltà data dall’emendamento Pellicani al Comune, ed esercitata dall’amministrazione, che si concentrano le critiche del presidente di Confedilizia Venezia, l’avvocato Giuliano Marchi: «L’emendamento Pellicani comprime la proprietà privata nella sua pienezza nel momento in cui si impongono restrizioni oltre i 120 giorni. Ma un’amministrazione liberale non poteva lasciarsi sfuggire la facoltà di non intervenire in nome della libertà».

Pur condividendo la parte del regolamento che impone al proprietario di casa di illustrare le norme di buona condotta nel condominio e in città («Regole di buon senso», per Confedilizia), il regolamento viene criticato a partire dal suo impianto centrale: «Siamo di fronte a una scelta inopportuna e illegittima, chiediamo che venga ritirato. Per citare Ungaretti, questo regolamento “sta come d’autunno sugli alberi le foglie”: deve cadere». La sala approva e lo testimonia con un lungo applauso.

Il ragionamento del rappresentante cittadino di Confedilizia chiama anche in causa la responsabilità del Comune nel recuperare il patrimonio immobiliare pubblico in un’ottica di tutela alla residenzialità.

«Ci sono 2 mila case pubbliche sfitte», l’affondo dell’avvocato Marchi, «recuperandone un 20% si potrebbe riportare il numero di residenti a 57 mila abitanti in città. Imponendo dei limiti come quelli previsti dal regolamento, si chiede al privato di fare qualcosa che dovrebbe fare il pubblico».

Di «attacco alla proprietà» parla anche Giorgio Spaziani Testa, presidente nazionale di Confedilizia. Mentre per Giampaolo Ciani (Gesticond) a risentirne potrebbe essere anche un indotto milionario legato alla gestione e manutenzione degli appartamenti.

Infine, per Vittorio Angiolini (ordinario di diritto costituzionale all’università statale di Milano), il regolamento proposto dall’amministrazione comunale di Venezia potrebbe avere profili di incostituzionalità e si esporrebbe al rischio di impugnazioni davanti al Tar e al Consiglio di Stato.

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