Affittacamere e B&B nel caos:centinaia sono a rischio chiusura

L’ampliamento di una struttura a Tessera fa scoppiare il caso: dopo il no del Comune, il bis del Tar. In terraferma serve la destinazione turistica, in centro storico c’è la scure delle fosse settiche

VENEZIA. Panico per tutte le attività extra alberghiere aperte dopo il 2008 in terraferma e per tutte quelle in centro storico che vorrebbero aprire in futuro. Nei giorni scorsi è arrivata infatti come un fulmine a ciel sereno la sentenza del Tar che vieta a una commerciante di Tessera l’apertura di un affittacamere ricavato da un Bed&Breakfast aperto dopo il 2008. Il motivo del diniego è da ricercarsi nel punto 4 dell’art. 31 della Legge Regionale 11 del 2013 in cui si legge che «l’apertura di nuove strutture ricettive è consentita solo in immobili o parti di essi aventi destinazione d’uso turistico-ricettiva, conformemente a quanto stabilito dallo strumento urbanistico comunale».

Secondo il piano regolatore comunale del 2008 (DGRV n. 2141) soltanto poche zone della terraferma sono considerate di destinazione turistica, ma fino a questa sentenza le attività che avevano fatto domanda non avevano avuto nessun problema, ricevendo l’ok addirittura dai vigili. La bomba è scoppiata quando la signora di Tessera ha deciso di ampliare la sua attività. Una volta ultimati i lavori, come vuole la prassi, la signora ha chiuso il B&B e chiesto di aprire l’affittacamere. Avendo ricevuto risposta negativa ha fatto subito ricorso. Quando è arrivata la risposta del Tar la signora ha perso all’improvviso tutto.

Un disastro per la donna in quanto non solo non potrà aprire l’affittacamere, ma nemmeno riaprire la sua vecchia attività. Com’è possibile allora che dal 2008 abbiano aperto numerose attività? Una delle motivazioni è che il Comune chiede al cittadino di fare una personale autodichiarazione, ma di questi documenti ne controlla solo un campione del 20%. La signora, facendo ricorso al Tar, si è senza saperlo autodenunciata in quanto nessuno le aveva mai comunicato di trovarsi in una zona non considerata turistica.

«Non solo significa che qualcuno può essere controllato e altri no», spiega Ondina Giacomin, presidente dell’Anbba (Associazione nazionale Bed&Breakfast e affittacamere) di Venezia, «ma anche che il cittadino è vittima della burocrazia perché a livello regionale è concesso, mentre a quello comunale no».

Secondo l’ex art. 46 del DPR 445 del 2000 il Comune inoltre «non può chiedere che sia il richiedente ad autocertificare un qualcosa che lo stesso Comune deve accertare, ossia la compatibilità urbanistica dei locali».

In questi giorni l’Anbba sta lavorando senza sosta per produrre tutta la documentazione necessaria per dimostrare l’«accanimento» giuridico di alcune prescrizioni comunali che potrebbero rivelarsi fatali per centinaia di piccoli imprenditori. «Il Comune e la lobby degli albergatori», prosegue la Giacomin, «vogliono limitare al massimo le nostre attività, ma noi non siamo il male di Venezia perché le persone che hanno un affittacamere o un B&B sono famiglie che vogliono arrotondare o che non hanno più i figli a casa o chi si è reinventato una vita. Inoltre il rapporto con l’ospite è più umano e diretto».

Per la terraferma potrebbe trattarsi di un vero stillicidio, ma il pericolo sussiste per altri motivi anche a Venezia. In centro storico, se venisse approvata la nuova legge sul turismo, chi volesse aprire un B&B dovrebbe chiedere il cambio di destinazione d’uso dell’immobile, passando da residenziale a turistico e avere l’obbligo delle fosse settiche. «In pratica non lo potrebbe fare nessuno», continua la presidente, «non solo perché le tasse aumenterebbero a dismisura, ma anche perché se io vivo in un palazzo con altri condomini non accetterebbero mai».

Questa regola entrerebbe in vigore da quest’anno, ma chiunque si ritrovasse a fare una modifica sarebbe “fregato” perché dovrebbe adattarsi poi alle norme in atto. Tutto questo verrà spiegato a breve con numeri e mappe dall’Anbba che ha deciso di fare una conferenza stampa.

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