«Addio Pietro, sapevi unire le diversità»
VENEZIA. «Pietro ci ha chiamato attorno a sé: persone diverse per sensibilità, per credo, fede. Lui che queste differenze cercava di unire con la sua intelligenza, la sua disponibilità, la sua chiarezza. Oggi lasciamo da parte le nostre differenze per lasciare spazio al silenzio, con la nostra presenza».
Don Giammatteo Caputo accoglie così la folla di oltre seicento persone che - nella basilica di santi Giovanni e Paolo- si è stretta attorno ai familiari di Pietro Bortoluzzi, stroncato a 53 anni da un infarto, a casa, in una mattina che doveva essere di festa in compagnia del suo bambino.
Le corone di fiori che coprono l’altare, raccontano le sue molte “vite”. La bara è coccolata da un cuore di rose con il saluto più straziante: “Ciao papà”, firmato dal piccolo Gherardo Pietro e da Barbara. All’ingresso della basilica, la corona di Fratelli d’Italia, a testimoniare la grande passione politica che negli anni ha visto eletto Bortoluzzi sugli scranni del Consiglio provinciale e ora consigliere di Municipalità.
Accanto, quella della società “Venezia 1907”: il calcio, altra grande gioia. Vicino alla sua bara un cuscino nero-verde (tanto scuro è il tono delle rose) degli amici storici tifosi del Venezia: in molti, in chiesa, indossano l’antica maglia della società di calcio, della quale Bortoluzzi ha scritto anche la storia. Poi, naturalmente, la sua vita di insegnante di lettere, storia e latino, con il grande colorato cesto di girasoli gialli e bianche ortensie con il “Ciao prof” dei suoi studenti, giunti numerosissimi in chiesa.
Ci sono i compagni di scuola con i quali si trova va tutti gli anni, dai tempi delle medie all’istituto Cavanis. Gli amici di tutti i giorni, quelli che hanno condiviso con lui la fede politica a destra e quelli che gli erano avversari in Consiglio, ma sempre amici, consiglieri di ogni partito. In rappresentanza della città e del sindaco Brugnaro, il consigliere Maurizio Crovato con la fascia tricolore.
I ricordi, gli aneddoti si rincorrono nel sagrato, in attesa delle esequie: in basilica, il silenzio. Il desiderio della famiglia è quello -spiega don Caputo dal pulpito - di «un saluto senza distintivi, senza discorsi, senza bandiere: vi saranno altre occasioni per le commemorazioni». Un funerale religioso per un «cristiano anomalo», come lo ha definito il cugino prete: «Pietro ha vissuto l’amore per la sua famiglia, per la sua città, per i suoi amici, per gli studenti, anche per chi non lo amava... Di lui potremmo dire tante cose, ma abbiamo scelto di stare in silenzio, perché parli Dio», «Piero appariva affamato, ha vissuto nutrendosi di progetti, di sogni, nostalgie, desideri, speranze: è stato affamato di essere amato. Ha cercato Dio, lo ha intravisto, forse lo ha anche amato, Di certo, Dio ha amato Piero con i suoi pregi e i suoi difetti, con la sua aspirazione per le cose giuste, con la sua fiducia e la sua malinconia». Familiari e amici più intimi hanno accompagnato il feretro al cimitero di San Michele, dove ora riposa nella tomba di famiglia.
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