Addio ovovia, smontata dopo sette anni la cabina rossa del ponte di Calatrava

Costata due milioni e mai messa in funzione. Il sindaco Brugnaro: «Simbolo dello spreco, mai più opere fini a se stesse»
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 22.05.2020.- Smontata l'Ovovia sul ponte di Calatrava. Roberto Ferrara.
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 22.05.2020.- Smontata l'Ovovia sul ponte di Calatrava. Roberto Ferrara.

Alberto Vitucci

Ovovia addio. Ieri la cabina rossa, che da sette anni compariva inutilizzata ai lati del ponte di Calatrava, è stata smantellata e rimossa. Ora custodita in un deposito del Comune. «Abbiamo rimosso uno degli emblemi dello spreco di risorse pubbliche in questa città», commenta il sindaco Brugnaro, «mai più opere fini a stesse».

Francesca Zaccariotto, assessore ai Lavori pubblici, attribuisce alla «politica dell’abbattimento delle barriere architettoniche» questo risultato. «L’ovovia era costata due milioni di euro, e avrebbe continuato a costarci. Abbiamo deciso di smontarla. Il trasporto dei disabili sarà garantito dai vaporetti di Actv in modo gratuito». Uno sblocco reso possibile anche dal recente pronunciamento della Corte dei Conti. Che ha definito la sovrastruttura del ponte «non necessaria».

Era stata inaugurata nel novembre del 2013 dall’amministrazione Orsoni. Cinque anni dopo l’apertura del ponte, il quarto sul Canal Grande, firmato dal celebre architetto spagnolo Santiago Calatrava. Lui, autore dei famosi ponti di Valencia e Barcellona, aveva donato nel 1999 il progetto al Comune. «È il mio ponte più bello», aveva detto. Lavori cominciati dopo qualche difficoltà nel 2003, sotto l’amministrazione di Paolo Costa. Bando di gara gestito dall’assessore avvocato Marco Corsini. I prezzi erano presto lievitati. Le perizie di variante e le consulenze, ma anche gli inconvenienti scoperti per strada, avevano portato il costo dell’opera a o 16 milioni. Il quadruplo rispetto ai 4 e mezzo base d’asta per i lavori. Una goccia nel mare dei soldi spesi e sprecati per Venezia, a cominciare dai 6 mila milioni del Mose. Ma Calatrava era diventato l’oggetto delle polemiche, soprattutto della destra. Neanche il cambio del nome in «Ponte della Costituzione», come proposto dal sindaco Massimo Cacciari, le aveva spente.

Una storia tormentata. «Il grande errore», dirà poi Cacciari, «è stato quello di considerarlo un’opera come tutte le altre». Bando di gara al ribasso. Direzione lavori che non era stata affidata al progettista, ma agli ingegneri del Comune, prima Roberto Scibilia, poi Salvatore Vento.

Problemi di statica, per la spinta sulle fragili fondamenta di centinaia di tonnellate della struttura in ferro. Crepe e cedimenti. Problemi di materiali. Con i gradini in vetro, scivolosi e non molto visibili. Poi sostituiti negli anni.

Nel 2003 l’affidamento dei lavori, per un prezzo inferiore di mezzo milione di euro rispetto a quello fissato dal progettista. Gli acciai alla ditta Lorenzon di Noventa di Piave, la struttura alla Cignoni di Rovigo. Il ponte era stata inaugurato nella notte tra l’11 e il 12 settembre del 2008, dopo uno spettacolare trasporto dei «conci» lungo il Canal Grande. Cerimonia volutamente in sordina, per evitare polemiche e contestazioni.

Annullata all’ultimo momento la presenza del presidente Giorgio Napolitano. Il ponte ha impresso una svolta nella viabilità tra piazzale Roma e Cannaregio, e la trasformazione del tessuto commerciale della zona. Un segno di grande bellezza, pur non da tutti condiviso, alla svolta del Canal Grande. —

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