Addio Giorgio Ragazzoni, l’anima di Favaro
Ha combattuto fino all’ultimo contro quel male che un anno fa lo aveva colpito, dimostrando una grande dignità nella malattia, che ha vissuto senza mai perdersi d’animo. Giorgio Ragazzoni, 77 anni, si è spento ieri attorno alle 20 al policlinico San Marco assistito dai figli e dalla moglie Carla. Consigliere municipale del gruppo misto di Favaro, una vita passata nella politica e nella pubblica amministrazione, spesa a denunciare tutto quello che non andava. In questi ultimi mesi era passato dal reparto di Oncologia di Venezia al policlinico San Marco. Nella stanza 506 aveva con sé le sue carte, le delibere, i suoi scritti e persino una stampante con la quale sabato grazie all’aiuto dei figli, aveva stampato gli inviti per l’assemblea dell’associazione che aveva fondato, Vivere la Laguna, inviti che ha consegnato alle tante persone che in questi giorni sono andate a trovarlo per parlare delle troppe cose che aveva ancora da fare e delle battaglie che stava portando avanti.
Su tutte quella che gli stava a cuore, però, era la sua battaglia a favore della dignità del malato, la petizione lanciata su Change.org dopo essere rimasto un giorno intero in barella, all’ospedale dell’Angelo, in attesa che qualcuno gli trovasse un posto dove stare. L’esposto è datato 9 aprile, Ragazzoni ci mise la faccia e una foto, pur sapendo che avrebbe fatto arrabbiare qualcuno. Non ce l’aveva con i medici ma con la politica che prende le decisioni. La schiena sempre dritta, il suo esposto dal titolo “triste esperienza di un malato oncologico” era indirizzato al governatore Luca Zaia e all’assessore alla sanità Coletto. «Mi rivolgo a voi con la speranza di poter essere d’aiuto a chi, come me, è costretto a fare i conti con una malattia invalidante, che, oltre a privarmi lentamente della vita, mi sta togliendo anche la dignità» iniziava così la sua lettera.
Ragazzoni chiedeva con forza che ci fosse un reparto di oncologia anche a Mestre, dov’era in cura. Cresciuto a pane e Dc, è stato per cinquant’anni un esponente della vita politica del territorio, non solo locale. Negli ultimi tre anni consigliere del gruppo misto, eletto con la civica dell’assessore Renato Boraso, negli anni della Prima Repubblica è stato consigliere di quartiere della Dc, e successivamente si è spostato sempre nell’area del centrodestra da Forza Italia ad An. Ma era soprattutto un macinatore di campagne elettorali, una macchina da guerra: sapeva tutto di leggi, norme, di come far eleggere un parlamentare, un assessore, un consigliere regionale: ha dato una mano a moltissimi politici, tra cui ex ministri, che in via Tiburtina a Campalto, dove abitava, erano di casa. «Per me è stato un padre politico» lo ricorda con affetto l’assessore Renato Boraso, «lui ha incarnato la vera scuola di partito». Impiegato all’Inam (Istituto nazionale assicurazioni contro la malattie), in seguito alle dipendenze dell’Usl 16 Veneziana, ha prestato servizio come funzionario del dipartimento Sanità della Regione. Un uomo generoso, che fino all’ultimo istante in cui è stato cosciente, ha regalato cioccolatini a tutti gli infermieri che lo seguivano.
Marta Artico
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