Addio all’imprenditore Vittorio Coin

È morto ieri. Già alla guida del Gruppo di famiglia insieme al fratello Piergiorgio, era presidente onorario dell’Airc
Di Manuela Pivato
23.10.2005.- UTO UGHI, TEATRO LA FENICE. DA SX VITTORIO COIN (PRES. AIRC), ANNA CANAKIS.- INTERPRESS/IANNUZZI
23.10.2005.- UTO UGHI, TEATRO LA FENICE. DA SX VITTORIO COIN (PRES. AIRC), ANNA CANAKIS.- INTERPRESS/IANNUZZI

Il garbo, come tratto distintivo, e una lontana traccia di malinconia che sapeva nascondere dietro il sorriso, la cultura e l’eleganza dell’uomo di mondo. Fa impressione usare il passato perché a novembre era alla “prima” della Fenice e a Natale stava benissimo, preso tra i molteplici impegni di imprenditore e di benefattore, di amico e di consigliere, di marito, padre e nonno.

Vittorio Coin, già vicepresidente dell’omonimo gruppo, presidente onorario del Comitato Airc del Veneto, è morto ieri a 77 anni. Il 7 gennaio scorso era stato colpito da un ictus che l’ha tenuto appeso a un filo per due settimane. Solo i familiari - la moglie Iaia, i figli Piero e Francesca, il fratello Piergiorio, la sorella Paola - e gli amici più stretti sapevano quanto le sue condizioni fossero gravi, rispettando quell’attitudine alla discrezione che l’imprenditore aveva sempre coltivato, anche nei momenti più luminosi della sua carriera, memore della propria genesi.

Il grande Gruppo, che oggi conta cento store in tutta Italia, nacque infatti da aghi, fili e cordelle che il nonno Vittorio vendeva al mercatino di Pianiga per sfamare la famiglia. Ha un sapore dickensiano anche l’avventura del padre Aristide, che con la moglie Angela, nella desolazione del dopoguerra, si alzava prima dell’alba per portare nelle piazze dei paesi il suo banco di tessuti e maglieria. Scampolo dopo scampolo, il banchetto diventa banco, il banco si trasforma in negozietto, il negozio in negozio a due piani e inzia la stagione di quello che sarebbe diventato uno dei più importanti Gruppi italiani, capace di rivoluzionare il modo di fare shopping, quotato in Borsa, oggetto (anche) di forti tensioni famigliari finite davanti al Tribunale di Venezia e infine, nei primi anni del Duemila, venduto al Fondo BC Partners.

Negli anni della ripresa economica, Coin offre quello che gli altri non hanno: abbigliamento, profumeria e casa, tutto insieme. Una grande distribuzione che anticipa i tempi, guarda nel futuro e cresce fino a quando, nel 1999, Vittorio porta il Gruppo a quotare in Borsa il 28 per cento del capitale. La laurea in Economia a Ca’ Foscari lo porta lontano e, nel 2001, il Cuoa di Vicenza gli conferisce il Master Honoris Causa in Gestione Integrata d’Impresa.

Nel frattempo si moltiplicano gli impegni anche al di fuori del quartiere generale di Mestre. La presidenza dell’Airc per moltissimi anni, il sostegno al Gruppo Atletico Aristide Coin fondato dal padre e ora presieduta dal figlio Piero. La presenza assidua alla vita culturale e mondana della città che aveva nel suo palazzo dietro San Samuele, sul Canal Grande, uno dei salotti più preziosi.

«Ci ha lasciato un grande condottiero dell’impresa veneta e del vero capitalismo sociale di cui questa terra è madre - scrive il goverantore Luca Zaia - con Vittorio Coin il Veneto perde non solo un veneziano appassionato, un imprenditore illuminato che ha saputo portare e far crescere in ogni parte del mondo l’impresa di famiglia, ma soprattutto un imprenditore sociale, attento e sensibile alla sanità, alla ricerca, all’università, all’editoria, allo sport e all’associazionismo». «Con la morte di Vittorio Coin», ha detto il sindaco Luigi Brugnaro, «Venezia perde un grande imprenditore che, con il suo lavoro e la sua generosità, ha rappresentato nel miglior modo possibile lo spirito della nostra città. Amico della Fenice, ha dimostrato di essere un convinto sostenitore del mondo della cultura ed è sempre stato attento ad aiutare chiunque si trovasse in difficoltà. Venezia non ti dimenticherà».

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